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Il funerale delle vittime dell'assalto del 27 Luglio alla parrocchia di Komanda, nell'Ituri (Repubblica Democratica del Congo) - Foto da Vatican News |
In questo Paese africano i cristiani sono spesso vittime indifese dei gruppi armati jihadisti
Ancora una notizia di violenza dal Congo. Domenica 27 luglio, nella travagliata regione dell'Ituri, a Komanda, sono stati assassinati 32 cristiani del movimento Azione Cattolica-Crociata eucaristica, che avevano celebrato il venticinquesimo della loro fondazione con un gruppo venuto dalla diocesi di Bunia. Sono stati colpiti nella notte mentre dormivano, vicino alla parrocchia della beata Anuarite, martire, uccisa nel 1964 dai ribelli Simba. Alcuni bambini sono stati rapiti e poi sono riusciti a fuggire. Perché questa festa ha attirato tanta violenza da colpire cristiani indifesi con i loro figli?
Perché i cristiani sono considerati avversari da colpire, anche da un movimento islamista, come l'Adf, che opera nella regione? Questo movimento, nato come oppositore in Uganda nel 1996, cresciuto nel crogiuolo di organizzazioni terroristiche di vario tipo tra Uganda, Congo e Sudan, si è islamizzato e ha aderito al Daesh. Strana trasformazione, non insolita ormai in Africa, perché il jihadismo è divenuto una ideologia che motiva la guerra.
L'Adf è responsabile solo nel 2025 di vari massacri e rapimenti, specie di cristiani, nel Nord Kivu e nell'Ituri, come un tragico tributo che quelle popolazioni pagano a una situazione dove violenza terroristica e odio verso i disarmati s'intrecciano con grandi interessi economici.
Si potrebbe spiegare l'episodio come un attacco musulmano a una comunità cristiana. Ed è anche vero. In giugno un attentatore suicida di questo gruppo si era fatto esplodere a Kampala, in Uganda, uccidendo due persone vicino a un santuario.
Ma sono uomini che vivono ormai di guerra, come nel Sahel o nel Nord del Mozambico, appartenenti a formazioni i cui irresponsabili finanziatori non sono stati svelati. Le comunità cristiane, indifese, sono le loro vittime. Specie quelle della grande Chiesa cattolica congolese, più della metà degli abitanti del Paese.
Non è un caso che questa Chiesa abbia tanti martiri, a cominciare dalla beata Anuarite, cui è dedicata la parrocchia di Komanda, al beato Floribert, il cui corpo è stato recentemente portato nell'antica cattedrale di Goma con grande partecipazione di popolo.
Floribert, giovane adulto di Sant'Egidio, aveva resistito al potere della corruzione ed è stato ucciso. Pochi sono i martiri canonizzati rispetto al popolo cristiano congolese che vive martirizzato da una violenza diffusa e in una società corrotta. La fede e la pazienza di questo popolo è la forza di questa grande Chiesa africana che rappresenta una proposta di pace in Congo. La morte e il dolore di tanti cristiani non può essere dimenticato o accettato come normale.
Per questo, il 14 settembre prossimo, Leone XIV presiederà nella basilica di San Paolo, nel quadro del Giubileo, una preghiera in memoria dei "nuovi martiri", cristiani spesso ignoti caduti per la loro fede e carità. Giovanni Paolo II, per il Giubileo del 2000, iniziò a celebrare i nuovi martiri e ricordò come essi «costituiscono un grande affresco dell'umanità cristiana del ventesimo secolo». In questo tempo, in cui si parla di crisi della Chiesa, si riscopre quale sia la sua vera "forza": «Nella loro fragilità», disse papa Wojtyla riguardo ai nuovi martiri, «è rifulsa la forza della fede e della grazia del Signore».
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 10/8/2025
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