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Visualizzazione dei post da settembre, 2019

Israele, il rebus della maggioranza

Le elezioni politiche in Israele hanno formato un nuovo Parlamento (la Knesset: 120 eletti con un sistema proporzionale) che a fatica riuscirà a creare un Governo. Sei mesi fa, la Knesset non ce la fece e fu sciolta. Qualcuno la paragona allinstabilità italiana. Un fatto è chiaro però: Netanyahu, con i 31 deputati del suo Likud (due in meno delle scorse elezioni), non sarà il perno della maggioranza . Un brutto problema per "Bibi il mago", come lo chiama parte della stampa israeliana per la sua spregiudicatezza. Non potrà contare sull`immunità dovuta al primo ministro, anche perché sta per essere portato in giudizio per corruzione.  Ha condotto una campagna molto accesa: ha chiesto il voto per sé per arginare gli arabi che andavano in massa alle urne; ha promesso l'annessione della West Bank, i territori occupati a maggioranza araba, dove ci sono molte colonie israeliane. Oggi la sua lunga egemonia è finita. Anche col sostegno dei partiti ultrareligiosi non arriva

L`importanza di un vero dialogo per rendere la pace universale

Il nostro mondo è diventato difficile e complesso: solo la convivenza può sconfiggere la paura e trovare soluzioni Il tema della pace sembra a molti ormai troppo generale, se non generico. Parlare di pace ha il sapore dell'utopia di fronte alle troppe guerre aperte (come in Siria). Intanto si riabilita il confronto armato per risolvere le controversie. Parlare di pace appare un'ingenuità. Lo fa però papa Francesco con la Chiesa. Lo fanno le religioni. Dal 15 al 17 settembre si è tenuto a Madrid un grande incontro di dialogo e preghiera, "Pace senza frontiere", promosso dalla Comunità di Sant'Egidio e dall'arcivescovo di Madrid, il cardinale Carlos Osoro Sierra. Si sono raccolti nello spirito di Assisi uomini e donne di religione differente, umanisti, gente di cultura. Questa storia è cominciata ad Assisi nel 1986 con l'invito di Giovanni Paolo II. Poi è continuata ogni anno. Dialogo e preghiera camminano insieme. Paolo VI diceva: «C'è un

Africa, c'è un futuro da costruire insieme

Maputo, la capitale dei Mozambico, è grande e moderna, distesa sull'oceano Indiano: un milione e mezzo di abitanti, palazzi alti accanto all'elegante urbanistica portoghese. E' il Mozambico ricco e sviluppato. Non sfugge però all'assedio delle baracche e delle periferie di gente che viene a cercare  ostinatamente   un futuro. L'impatto di Papa Francesco con Maputo è stato forte. Dal suo arrivo, la gente è scesa per strada. Non era mossa dall'organizzazione dell'evento, piuttosto  fragile. Volevano "vedere il Papa". Ero in un bar, di fronte alla cattedrale, un'opera portoghese degli anni Cinquanta splendidamente rinnovata, mentre la televisione inquadrava il Papa scendere dall'aereo. In quel momento tutti si sono alzati in piedi e hanno applaudito. Perché?  I cattolici sono sette milioni su 25  milioni  di abitanti. Forte è la sfida dei "profeti" delle comunità neoprotestanti, quelle della teologia della prosperità, molto anti

Abbracciamo i fratelli dell'Africa con il Papa

La visita ai Paesi della fascia meridionale del Continente incoraggia le popolazioni e rivolge un appello al mondo Papa Francesco visita dal 4 al 10 settembre il Mozambico, il Madagascar, le Isole Mauritius. Ci si potrebbe chiedere perché parlare di questi Paesi dell'Africa meridionale. Anni fa, un cardinale francese che viveva a Roma mi mostrò il programma del Papa che portava con sé: «Dobbiamo viaggiare con lui», mi disse.  Lo credo anch'io: dobbiamo in qualche modo viaggiare con il Papa. Francesco ci porta al di là del nostro mondo, in Paesi lontani. Ormai però nel mondo globale i destini s'intrecciano. Il Madagascar, grande isola a fianco dell`Africa, punto d'incontro tra  il continente nero e l`Asia, 25 milioni di abitanti, è un vasto Paese, per metà cristiano, segnato da grande povertà. Bergoglio va laggiù per dire che non è dimenticato.  Mi tocca particolarmente il viaggio di Francesco in Mozambico, Paese cui sono molto legato. L'ho visto passare attr