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Visualizzazione dei post da marzo, 2021

La barbara violenza degli jihadisti ricaccia il Mozambico all'inferno

Rifugiati del Nord del Mozambico - Foto OIM/Matteo Theubet Chi sta dietro i terroristi di Ansar al-Sunna in un Paese che ha la terza riserva di gas naturale di tutta l'Africa? Ho conosciuto il Mozambico negli anni Ottanta, dopo la lotta di liberazione dal colonialismo portoghese. Era appena indipendente (dal 1975), già alle prese con una guerra civile con la Renamo, movimento di guerriglia antimarxista, collegato al Sud Africa. Quello che mi colpì era una miseria diffusa e profonda.  Al grande mercato centrale di Maputo c'era poco altro che pesce secco. La guerra civile ha provocato un milione di morti e tanti sfollati. Si è conclusa con un negoziato tra il Governo e la Renamo nel 1992, a Roma, presso Sant'Egidio. Da allora è cominciata la storia di un Mozambico pluralista, con tanti problemi, che ha conosciuto però lo sviluppo.  Dal 2017, la fame è purtroppo tornata in Mozambico. Ben 670.000 mozambicani hanno lasciato il Nord del Paese sotto gli attacchi dei jihadisti di

Ripariamo insieme il mondo dal basso

Il Papa tra le rovine di Mosul - Foto Vaticano Male, sofferenza e odio non hanno l'ultima parola: la pace si ottiene eliminando la logica del nemico Famiglia Cristiana ha dato ampio spazio alla visita di Francesco in Iraq, un Paese segnato da ripetuti conflitti e dal terrorismo, dove le differenze religiose ed etniche rendono difficile la convivenza pacifica. Io pure ne ho sottolineato il valore "storico", e non è retorica. Molti, più di quanto si creda, hanno seguito il viaggio, considerato molto pericoloso dai servizi segreti. Ma Bergoglio ha voluto compierlo e ha avuto ragione.  Ha dato un grande segno ai cristiani e al mondo. Ora il viaggio è felicemente concluso, mentre noi in Italia affrontiamo una stagione difficile con il Covid, con notevoli restrizioni e la paura del contagio. Che significa ancora per noi quel viaggio? Ci sono motivi per dire che, pur ammirando il coraggio di Francesco, ci riguarda poco, perché siamo alle prese con seri problemi sanitari ed eco

Osare la concordia nel nome di Abramo

Il Papa all'incontro interreligioso a Ur  - Foto Vatican Media Francesco ha indicato strade di futuro e di pace a gente imprigionata nei dolori del passato I1 Papa, con il suo viaggio, ha guidato la nostra attenzione verso l'Iraq, una terra travagliata, ormai fuori dai nostri riflettori e interessi. Resta un'area di guerra, che ha sofferto il regime dittatoriale di Saddam Hussein, i conflitti tra gruppi etnici e religiosi, la follia brutale del sedicente Stato islamico, che aveva posto la propria capitale a Mosul, per secoli la città più cristiana del Paese.  In Iraq, recentemente, i cristiani sono stati uccisi per il solo fatto di essere tali oppure perché andavano in chiesa, com'è avvenuto anche a Baghdad nella cattedrale visitata dal Papa. I1 loro martirio si connette alle sofferenze di tutto il popolo: gli sciiti maggioritari nel Paese, uccisi e perseguitati da Saddam Hussein; i curdi combattuti dal dittatore; gli yazidi massacrati e schiavizzati dagli islamisti; l

Diplomatici e militari italiani, un modello di grande umanità

L'ambasciatore Luca Attanasio in visita al centro DREAM di  Kinshasa - Foto Sant'Egidio Professionalità, altruismo e passione per i drammi quotidiani delle popolazioni sono le nostre caratteristiche La morte di un uomo richiama, almeno per un momento, al valore e al senso della sua vita. L'assassinio dell'ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo ci fa riflettere in un periodo in cui, causa la pandemia, siamo concentrati sui problemi personali e nazionali. Milambo, subito freddato dagli assassini sulla strada del Kivu, è un congolese che, come tanti, ha perso la vita in un agguato in un Paese dove lo Stato è a pezzi e non impone la sua autorità alle milizie e ai banditi.  Un contadino del Kivu, intervistato da Pietro Del Re, ha detto: «È terribile quello che hanno fatto, un massacro al quale purtroppo siamo abituati, poiché siamo le prime vittime di quei criminali». La morte di un autista congolese non avrebbe