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Visualizzazione dei post da agosto, 2022

Spegniamo il fuoco dell'odio prima che divampi nel mondo. Una riflessione sull'attentato a Salman Rushdie

Salman Rushdie - Foto di  Christoph Kockelmann   Esistono tanti giacimenti di fanatismo e pregiudizio pronti a esplodere. Serve una revisione personale e collettiva, anche da parte di noi cristiani Purtroppo, 33 anni dopo, la fatwa pronunciata dall'ayatollah Khomeyni è arrivata implacabilmente a destinazione con l'attentato allo scrittore Salman Rushdie, accusato di blasfemia e condannato a morte nel 1989 per la pubblicazione del suo libro Versetti satanici. Khomeyni, che sarebbe morto nello stesso anno, era tornato in Iran dieci anni prima per prendere la guida della rivoluzione iraniana e costruire un regime teocratico. Non tutti gli sciiti del mondo si identificano con la posizione del leader iraniano, ma questa è divenuta prevalente: alla fine degli anni Settanta, l'islam sciita si mostrava come un'efficace "teologia della liberazione"; non solo nella resistenza iraniana agli Stati Uniti, ma anche nella lotta a un Occidente considerato corrotto e imperial

Usa, Cina e Russia: è l'ora di dialogare

Una recente riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu  UN Photo/Loey Felipe Le polemiche e la tensione fra le tre potenze continuano a crescere. Il rischio di una terza guerra mondiale è reale Le notizie sul conflitto in Ucraina oggi preoccupano meno. A tutto ci si abitua. E ci stiamo troppo abituando a questa vicenda che, oltre a morti e distruzioni, ha disseminato nel mondo sei milioni di ucraini, molti dei quali bambini. La guerra si contagia, come abbiamo più volte detto. In Europa certamente. Si è già segnalata la ripresa di tensioni tra Serbia e Kosovo. Anche in Caucaso si è riattivata la conflittualità nel Nagorno-Karabakh tra azeri e armeni (che devono la loro sicurezza alla Russia e sono prossimi a essa sulla questione ucraina).  La più preoccupante novità è il riaccendersi della polemica tra Cina e Stati Uniti su Taiwan. Pechino è amica della Russia, ma riconosce l'Ucraina, con cui ha intensi scambi commerciali. Si era sperato che i cinesi mediassero.  Finora era

Sul cuore dell'Europa soffia l'estremismo. Di nuovo tensioni al confine tra Kosovo e Serbia

I Carabinieri presidiano uno dei ponti che dividono le due parti di Mitroviça - Agosto 2022 - Foto di Sergio Pilu  La guerra in Ucraina ha ridato fiato ai nazionalismi: il linguaggio delle minacce prevale su quello del dialogo Si è riaccesa la tensione tra serbi e kosovari, specie a Mitroviça, dove sono riapparse le barricate, per fortuna senza morti. Dagli accordi militari del 1999, la città è divisa in due: a sud del fiume Ibar, gli albanesi kosovari, circa 80 mila, e a nord i 20 mila serbi. È l'enclave serba più rilevante tra quelle esistenti nel Paese. La frontiera con la Serbia è controllata dalla polizia kosovara con la Kfor (l'operazione Nato con oltre 3.500 uomini).  I carabinieri presidiano i due ponti che separano le comunità. A nord di Mitroviça, i serbi possono bloccare importanti strade verso il confine.  Il confronto è ripreso dopo la decisione kosovara di non accettare più i documenti serbi di trasporto (patenti, carte di circolazione e targhe) rilasciati a Be

La difesa della razza: un imbroglio che ignora le tragedie del '900

  In un mondo instabile, si offrono soluzioni semplicistiche che individuano nei migranti il nemico. Non è questa l'Europa che vogliamo Quale futuro per l'Europa? Quale per il nostro Paese? Un'idea di futuro è stata disegnata nell'Est europeo (con forti riflessi nell'Ovest) e le ha dato voce soprattutto il premier ungherese Viktor Orbàn. Parlando a una tradizionale manifestazione di ungheresi in Romania, ha fatto una dichiarazione che colpisce: «Siamo disposti a mescolarci, ma non vogliamo diventare una razza mista». Ha aggiunto: «L'immigrazione ha diviso l'Europa in due, o potrei dire che ha diviso l'Occidente in due». Infatti, «una metà è un mondo in cui convivono popoli europei e non europei»: «questi Paesi non sono più nazioni», ma «una congerie di popoli», ha concluso. L'Ungheria lotta contro la «mescolanza di razze» e rifiuta di diventare una «popolazione incrociata», come, secondo il premier, stanno diventando i Paesi dell'Europa occidenta