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La difesa della razza: un imbroglio che ignora le tragedie del '900

 

In un mondo instabile, si offrono soluzioni semplicistiche che individuano nei migranti il nemico. Non è questa l'Europa che vogliamo

Quale futuro per l'Europa? Quale per il nostro Paese? Un'idea di futuro è stata disegnata nell'Est europeo (con forti riflessi nell'Ovest) e le ha dato voce soprattutto il premier ungherese Viktor Orbàn. Parlando a una tradizionale manifestazione di ungheresi in Romania, ha fatto una dichiarazione che colpisce: «Siamo disposti a mescolarci, ma non vogliamo diventare una razza mista». Ha aggiunto: «L'immigrazione ha diviso l'Europa in due, o potrei dire che ha diviso l'Occidente in due». Infatti, «una metà è un mondo in cui convivono popoli europei e non europei»: «questi Paesi non sono più nazioni», ma «una congerie di popoli», ha concluso.

L'Ungheria lotta contro la «mescolanza di razze» e rifiuta di diventare una «popolazione incrociata», come, secondo il premier, stanno diventando i Paesi dell'Europa occidentale, i quali cessano di essere nazioni. La comparsa della "razza" nel discorso di un leader dell'Unione europea mostra come stia cambiando la politica. L'espressione era stata progressivamente ripudiata dalla cultura democratica e occidentale, non tanto per un gusto politically correct quanto per la consapevolezza che le razze non esistono. Il Manifesto della razza, lanciato dal regime fascista ne11938, affermava che le razze umane esistono e che esiste una pura razza italica, a cui non appartengono gli ebrei. Da questa "cultura" presero l'avvio le leggi razziste in Italia, mentre in Germania la politica antisemita fu, come sappiamo, all'origine della Shoah, il più grande dramma europeo del Novecento. Va ricordato che la prima legge antisemita in Europa fu in Ungheria nel 1920, quando si stabili il numero chiuso universitario (gli studenti ebrei calarono da più del 25% prima del 1914 a110% negli anni Venti). L'uso di un criterio puramente razziale fu, nell'Europa pre-hitleriana, una novità ungherese.

Dal 1944, con la collaborazione degli ungheresi, furono deportati e uccisi circa 425 mila ebrei di quel Paese. Questa storia insensata, ma di grande dolore, mostra quanto sia pericolosa l'affermazione del valore della razza. Non è l'Europa che vogliamo per il futuro. Eppure, è un modello che si sta proponendo: difesa della razza e magari affermazione del cristianesimo come base dell'identità nazionale. Sono idee che hanno portato alla catastrofe della Seconda guerra mondiale e che risorgono in forma diversa, ma non senza continuità con il passato. Che tipo di attrazione esercitano? In un mondo spaesato dalle crisi ricorrenti e dalla globalizzazione, sfidato dalla complessità (in cui difficilmente ci si orienta), costituiscono una semplificazione rassicurante nell'immediato; dividono il mondo in categorie o razze, come bianchi e neri, cristiani e non cristiani; soprattutto indicano il nemico da cui difendersi, l'emigrato invasore.

Ma questo si rivela un grande imbroglio politico-ideologico che non ricorda la storia drammatica del Novecento e la catastrofe che ne è conseguita. L'Europa non sopravvive in questo modo, ma accelera la sua fine, chiudendosi in una fortezza e consegnandosi a ideologie fallaci e a politiche da cui poi non è facile tirarsi indietro.

Editoriale su Famiglia Cristiana, 7 agosto 2022

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