Serve un'intesa fra Ue, singole nazioni, Chiese e Ong per risolvere un dramma alle porte del continente Il campo di Moria nell'isola di Lesbo è bruciato. Ci sono solo rovine. Ben 13.000 profughi sono sulla strada. Girano laceri, senza ricovero e affamati. Conosco Moria, un campo incredibile: tra l'altro era circondato da una selva di tende "provvisorie", destinate a durare a lungo, sotto il grande caldo estivo e il vento sferzante d'inverno. Il primo lembo d'Europa, toccato da migliaia e migliaia di persone, dopo viaggi incredibili dall'Afghanistan, dalla Siria, dai Paesi africani e altrove. L'Europa sfugge però dalle loro mani, proprio mentre vi pongono i piedi. Lesbo, con i suoi campi, è un muro: l'Europa sta lì, ma non possono entrarci. In questa posizione passano mesi e talvolta anni, un tempo senza fine, mentre cresce la disperazione. Quest'estate - anche a causa del Covid-19 - le misure sono state più severe. Il clima è divenuto p