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Così cresce il dialogo tra Vaticano e Cina

Papa Francesco nel 2018 incontra i vescovi cinesi che partecipano al sinodo - Foto Vatican News


In questi due anni il clima si è rasserenato e sono stati consacrati i primi vescovi con mandato papale

La storia del cristianesimo in Cina è antica, ma densa di problemi e di difficoltà. La missione cristiana ha sempre guardato verso l'Oriente cinese, ma le strade sono state spesso impervie. Marco Polo, durante il suo viaggio a fine Duecento, dice di aver incontrato alcuni cristiani, resti di comunità fondate dalla predicazione della Chiesa siriaca in tempi antichi. 

Ma il cristianesimo attuale, cattolico e protestante, è frutto in gran parte di una missione più recente, quella tra Ottocento e Novecento. Questo, in qualche modo, ha legato le Chiese cristiane all'espansione delle potenze occidentali, quasi qualificandole come religioni straniere. Nel 1926 Pio XI ordinò i primi sei vescovi cinesi. Nonostante le crisi del Paese, nel XX secolo si realizza l'impatto della Chiesa con una grande civiltà. Alla proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949 la Chiesa è in buona parte cinese, pur con una forte presenza di missionari stranieri. 

La storia della Chiesa nella Repubblica Popolare è molto particolare, piena di sofferenze e incomprensioni. Fino a pochi anni fa il cattolicesimo era diviso in due comunità: una ufficiale, riconosciuta dal Governo e legata all'associazione patriottica cattolica di fedeltà governativa, i cui vescovi erano eletti in Cina e non approvati da Roma; una cosiddetta clandestina, non riconosciuta dal Governo, i cui vescovi erano ordinati con il consenso del Papa. 

Con il tempo, le divisioni tra le due Chiese si sono fatte meno nette con una serie di sovrapposizioni e contatti, anche se i problemi oggi non sono ancora risolti. Tra il 1966 e il 1969, la rivoluzione culturale cinese fu dura per tutti i cattolici e le altre religioni. Non pochi cattolici cinesi, laici, religiosi e preti, hanno molto sofferto. Nel 1979 i cristiani hanno potuto riprendere a celebrare il Natale in pubblico. Da Paolo VI, la Santa Sede ha cercato una forma di vivibilità per la Chiesa in Cina. Strada difficile. 

Finché, con papa Francesco, nel 2018, è stato firmato un accordo provvisorio per la nomina dei vescovi, che scadrà il 22 settembre e andrà rinnovato. Al Papa spetta l'ultima decisione riguardo ai candidati all'episcopato che vengono proposti da parte cinese. Intanto Francesco ha tolto la scomunica ai vescovi, ordinati senza il mandato di Roma. D'altra parte sette vescovi clandestini, che vengono da una storia dolorosa e hanno l'approvazione del Pontefice, sono stati riconosciuti dallo Stato. 

Creare l'unità tra le due comunità, in parte già esistente, è la premessa per una presenza efficace in un Paese tanto grande e - io credo - assetato di spiritualità. L'accordo del 2018 è stato una svolta, tanto da suscitare stupore e critiche di chi vi ha letto una rinuncia alla resistenza. Tuttavia, in una prospettiva ecclesiale, in due anni si sono fatti significativi passi avanti: non è tutto risolto, ma il clima è più sereno; i fedeli con storie diverse si incontrano; vescovi e sacerdoti visitano i cristiani all'estero. 

Non mancano difficoltà e problemi, ma c'è un futuro, caratterizzato da una missione: testimoniare la carità cristiana e comunicare il Vangelo nel cuore di un popolo immenso, uno dei crocevia della storia del XXI secolo. È un piccolo ma molto significativo segno del Vangelo, in un popolo di 1,4 miliardi di abitanti. 

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 6/9/2020


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