Passa ai contenuti principali

Giovani africani: un popolo senza guida in cerca di futuro

Giovani donne mozambicane - Foto di Tino Veneziano

Entro la fine del secolo gli under 25 saranno quasi un miliardo. E noi europei dovremo farci i conti

I giovani africani saranno presto il più grande problema geopolitico globale. Con un'età media di circa 19 anni, la popolazione di quel continente è la più giovane del mondo. Un dato significativo se confrontato con i 31 anni dell`America Latina, i 32 dell`Asia, i 33,4 dell'Oceania, i 38,6 del Nord America e i 42,5 dell`Europa, il continente più anziano. Oggi circa il 60% degli africani ha meno di 25 anni e più di un terzo è tra i 15 e i 24 anni. 

I demografi calcolano che, entro il 2100, i giovani africani sotto i 25 anni saranno tra gli 800 milioni e il miliardo, il doppio degli europei. Quasi la metà dei giovani del mondo saranno africani. Ma le classi dirigenti africane non hanno risposte in termini di lavoro e occupazione. 

In Africa molti Paesi attraversano un periodo di rapida urbanizzazione senza sviluppo: si modernizzano ma il reddito medio rimane molto basso. Nelle disordinate megalopoli crescono masse di giovani disoccupati o con lavoretti a basso salario con un vivo senso di disuguaglianza. La grande disoccupazione minaccia la stabilità: la massa di giovani senza lavoro è vulnerabile a forme di ribellismo, radicalizzazione o estremismo. Per questo i leader africani guardano con poca simpatia i giovani e non vedono male la loro emigrazione per allontanare il problema. Il gran numero di giovani fornisce un vasto bacino di reclutamento per gruppi violenti, per cui vivere è fare la guerra. In futuro si possono immaginare livelli di protesta sempre più elevati. L'impulso dei giovani africani a "uscire" da questa trappola diventa un vero youthquake, terremoto giovanile, fatto caratteristico di questo secolo.

Figli di nessuno, partoriti da una globalizzazione matrigna che tutto promette e nulla offre, i giovani sono una massa senza paternità né guida, senza appartenenze alla famiglia tradizionale o ai clan etnici, spazzati via dalla globalizzazione. Sono ragazzi e ragazze che possono lasciarsi attrarre dai falsi profeti, dai gruppi jihadisti ed estremisti o dalle reti criminali.

Sui giovani, oggi, pesa la mentalità competitiva dominante globale. Nel caso africano c'è di più: i giovani percepiscono un doppio abbandono, dai loro dirigenti e dal resto del mondo che li teme. Hanno appreso che ogni cosa va conquistata in ambiente ostile. Nelle grandi città africane la vita ha assunto i contorni di una lotta per la sopravvivenza che si ripete di là del mare. Il "si salvi chi può" e il "ci si salva da sé" rappresentano una mentalità diffusa, predicata anche dalle sette religiose della teologia della prosperità. Sono figli della cultura della privatizzazione: tutto si paga e nulla è gratuito. I giovani africani rivendicano il diritto inalienabile di accedere al resto del mondo. 

Si è compiuta una rottura: il modello dei giovani non è più la famiglia, l'etnia, la nazione, ma l'individuo o il branco. Fallita l'Africa romantica che credeva nella propria grandeur precoloniale e immaginava nuove prospettive comunitariste, rimane oggi un'Africa delusa, tra corruzione e violenza. È una frattura sentimentale che inizia sentendo la propria terra matrigna. Spaesati nel flusso globale, i giovani africani hanno come priorità il bisogno di affermazione individuale. E con tale generazione l'Occidente dovrà presto fare i conti.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 3/8/2025

Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...

Un popolo unito attorno al Papa nel segno della carità e della pace: il nuovo Pontefice deve contare sull'accoglienza di tutti per guidarci sulla via della speranza

  I cardinali riuniti nella Cappella Sistina al momento dell'"Extra omnes" il 7 maggio - Foto da Vatican Media Mentre scrivo l'elezione non è ancora avvenuta. Ma ricordo che Benedetto XVI, accomiatandosi dopo le dimissioni, disse: «Nel collegio cardinalizio c'è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza». Facciamo nostre queste parole di un grande credente: non sappiamo il nome dell'eletto, ma sarà il nostro Papa, colui che conferma nella fede i fratelli e guida la Chiesa. Attorno al Santo Padre si fa l'unità della Chiesa. Non solo con l'obbedienza, ma anche con la "reverenza". Quest'ultima parola suona antica ma è vitale: rispetto profondo.  I giorni prima del conclave sono stati attraversati da una certa irriverenza: sui media e sui social, che hanno dovuto riempire le "pagine" con pronostici e indiscrezioni. Irriverente, quanto curiosa, è l'immagine di Trump vestito da Po...

Sì al quesito sulla cittadinanza per un'Italia più giusta e prospera

Foto Sant'Egidio L'integrazione di chi vive e lavora nel nostro Paese genera benefici sociali, economici e demografici Il quinto quesito del prossimo referendum propone di dimezzare da dieci a cinque anni i tempi di residenza legale in Italia per ottenere la cittadinanza italiana per lo straniero extracomunitario. Sono favorevole a una risposta positiva.  Bisogna rimettere in discussione una politica che scoraggia la concessione della cittadinanza ai cittadini non Ue.  Tale politica corrisponde a una visione, anzi a una "non visione": la diffidenza verso i non italiani che vengono nel nostro Paese, vivono qui, lavorano, pagano le tasse, contribuiscono al comune benessere.  Questa diffidenza ispira le lungaggini burocratiche che ritardano le pratiche per la cittadinanza anche per chi ne ha diritto. Soprattutto manifesta il disinteresse a integrare gente che già vive in Italia e di cui la nostra economia ha bisogno, come segnalano, inascoltati, tanti imprenditori. Le i...