Il Giubileo dei giovani, un evento su cui riflettere. A Tor Vergata i giovani hanno "incoronato" il loro Papa
In cerca di risposte, hanno trovato in Leone XIV la guida con cui camminare verso il futuro
Siamo in una stagione in cui tanti si raccolgono nei grandi eventi della Chiesa dopo Pasqua. Senza timore di essere massa, forse perché si sentono popolo. Il funerale di papa Francesco ha riunito in piazza San Pietro e per le vie di Roma fedeli, delegazioni ufficiali, gente di ogni provenienza. La continua fila alla sua tomba a Santa Maria Maggiore è segno di fedeltà alla memoria di un uomo che ha lasciato un'impronta. Non è un episodio chiuso. C'è stata grande attesa per il successore. Non quella di chi sperava in un papa che invertisse la tendenza di Bergoglio o, al contrario, in un suo clone. Non un'attesa ecclesiastica, di quel chiacchiericcio che deborda dai palazzi romani o dagli istituti ecclesiastici ai giornali e viceversa.
C'è stata un'attesa di popolo, espressione del bisogno del Papa: un testimone del Vangelo e un uomo di pace, senza alcun interesse se non quello dell'umanità, perché uomo di Dio. Tanta gente è venuta all'inaugurazione del pontificato di Leone XIV, un papa non molto conosciuto ma che, subito dopo l'elezione, ha detto poche parole giuste e chiare, rasserenanti nella tempesta dei nostri giorni. Si poteva considerare chiusa la parentesi straordinaria della vita della Chiesa.
Invece il Giubileo dei giovani è stato un evento su cui riflettere. Si prevedeva mezzo milione di ragazzi nella spianata della Gmg del 2000, dove il malato Giovanni Paolo II si mostrò felice di stare con loro. Ne sono venuti il doppio. Perché?
Questi giovani, diversi da quelli del 2000, cercano qualcosa in un mondo di grandi paure e forti spaesamenti. In Francia, per Pasqua, si sono celebrati 18 mila battesimi di adulti e di giovani. Non voglio cantare alla rinascita. Rispetto troppo questi giovani per violare il silenzio con cui assistevano al "rito" antico dell'Adorazione eucaristica. Un silenzio pieno di domande, preghiera, attesa, timori. È difficile essere giovane in un'Europa dove i pochi giovani sono schiacciati dagli adulti. Lo è pure per quelli del Sud del mondo, dove invece sono tanti ma hanno poco futuro.
Contenti di mischiarsi agli altri, figli di Paesi e continenti diversi, sono andati incontro a papa Leone. Lui è venuto tra di loro. Non si è presentato come il loro leader, ma come un anziano, un uomo che ha conosciuto il mondo del Novecento, un cristiano, un Papa, che vuole camminare con loro verso il cuore del XXI secolo, verso il futuro. Ha parlato pacatamente, senza imporsi. I giovani lo hanno ascoltato, applaudito e in silenzio si sono uniti a lui nella preghiera.
Per me, sulla spianata di Tor Vergata, è avvenuta l`"incoronazione" di Leone XIV da parte del popolo del futuro, che ha deciso di camminare con il "suo" papa. Un papa senza corona e senza verga, che ha fatto la sua proposta: «L'amicizia può veramente cambiare il mondo. L'amicizia è una strada verso la pace».
È piaciuto molto ai giovani. Ma i giovani oggi contano poco anche nella Chiesa. La Chiesa degli adulti non dovrà lasciarsi guidare dal loro slancio? Non dovrà essere l'amicizia il segno della nuova stagione della Chiesa, più che qualche nuova nomina? Questo è il segno di quel che scriveva Romano Guardini: «La Chiesa si risveglia nelle anime». Così mi sembra stia accadendo, almeno lo spero.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 17/8/2025
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