Passa ai contenuti principali

Dopo la pandemia nulla sarà come prima: bisogna ripopolare il mondo di fraternità e proteggere i deboli

Dopo la pandemia nulla sarà come prima: bisogna ripopolare il mondo di fraternità e proteggere i deboli

Troppi considerano la pandemia come una parentesi, dopo la quale tornare a vivere come prima. Ma qualcosa di sconvolgente è avvenuto: il virus spinto dalla globalizzazione ha bussato alle nostre porte. Non l'hanno fermato i muri. 

La pandemia ha svelato la fragilità di ognuno. Ha mostrato che, soli, non si vive nel mondo globale, ma c'è bisogno di aiuto, famiglia, comunità. Si è visto come la solitudine non sia un bene (anche quando la si chiama individualismo, competizione, libertà). Papa Francesco ha detto in piena pandemia a piazza San Pietro: «siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto... Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro Pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato». 

Mi ha colpito la convergenza di queste parole con il messaggio del rabbino Jonathan Sacks, maestro di sapienza ebraica e umana da poco scomparso. Per lui, nel mondo, è avvenuto un «mutamento climatico culturale: il passaggio del noi all'io». Queste per lui alcune conseguenze: «la politica divisiva, la perdita di apertura mentale, l'aumento della depressione e dell`'buso delle droghe». Le società, in perenne conflitto, accettano l'esclusione; la politica dell'io svuota la democrazia e la riduce a scontro. 

Per vivere nel mondo globale, non si può essere soli. Lo sperimentano gli anziani, i bambini e i giovani spaesati. Lo mostra la crescita delle malattie psichiche dopo la pandemia. Proprio nel cuore di questo 'periodo fuori dall'ordinario, Francesco ha indicato una strada all'umanità con l'enciclica Fratelli tutti.

Bisogna ripopolare il mondo di fraternità. Tutte le terre hanno bisogno del seme della fraternità, da cui cresce l'albero che protegge i deboli, accoglie i migranti, fa vivere sereni e in pace. Il papa afferma: «la propaganda politica, i media e i costruttori di opinione pubblica insistono nel fomentare una cultura individualistica e ingenua davanti agli interessi economici senza regole... al servizio di quelli che hanno già troppo potere». Il mondo non può tornare come prima. 

Il rabbino Sacks indica una via percorribile da tutti noi: «Possiamo cambiare». Aggiunge: «E tutto comincia con noi». Delinea un modello di donna e uomo per il domani, semplice e umano: «Essere interessati al benessere altrui. Essere qualcuno di cui le persone si fidano. Dare. Fare volontariato. Ascoltare. Sorridere. Essere sensibili, generosi, premurosi». Conclude: «fare del bene agli altri ... fa bene alla nostra salute fisica e psicologica. Il donare ci rende più felici». Un detto extra-evangelico di Gesù afferma: «C'è più gioia nel dare che nel ricevere». La gioia viene dal decentramento da noi verso gli altri. Il futuro si nutre di fraternità che è anche inclusione. 

Ascoltiamo ancora il rabbino Sacks: «...un Paese è forte quando si prende cura dei deboli... ricco quando si occupa dei poveri... invulnerabile quando presta attenzione ai vulnerabili». Quale dei nostri Paesi è così? Eppure queste parole rappresentano un sogno per i nostri popoli, praticabile da ciascuno di noi fin da oggi. Diceva don Pino Puglisi, martire della mafia in Sicilia: «Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto».


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 25/7/2021


Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...

Un popolo unito attorno al Papa nel segno della carità e della pace: il nuovo Pontefice deve contare sull'accoglienza di tutti per guidarci sulla via della speranza

  I cardinali riuniti nella Cappella Sistina al momento dell'"Extra omnes" il 7 maggio - Foto da Vatican Media Mentre scrivo l'elezione non è ancora avvenuta. Ma ricordo che Benedetto XVI, accomiatandosi dopo le dimissioni, disse: «Nel collegio cardinalizio c'è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza». Facciamo nostre queste parole di un grande credente: non sappiamo il nome dell'eletto, ma sarà il nostro Papa, colui che conferma nella fede i fratelli e guida la Chiesa. Attorno al Santo Padre si fa l'unità della Chiesa. Non solo con l'obbedienza, ma anche con la "reverenza". Quest'ultima parola suona antica ma è vitale: rispetto profondo.  I giorni prima del conclave sono stati attraversati da una certa irriverenza: sui media e sui social, che hanno dovuto riempire le "pagine" con pronostici e indiscrezioni. Irriverente, quanto curiosa, è l'immagine di Trump vestito da Po...

Non si immagina più la pace: c'è solo la guerra all'orizzonte. Ma dai conflitti nessuno mai esce vincitore

  Dialogo e diplomazia hanno un ruolo residuale.  Quasi ogni giorno siamo assediati da notizie di attentati, tensioni, bombardamenti e altro. In Medio Oriente, Ucraina e altrove. Notizie di guerra o che preludono a una guerra più grande. Di fronte a questo scenario, si resta attoniti. Non esiste più un quadro di riferimento che spinga a un superamento delle tensioni in corso, nonostante gli interventi di taluni governi. Tutto è talmente intrecciato e i nodi sembrano sempre più stringersi verso il riarmo, i conflitti sanguinosi, l'allargamento del campo di chi si combatte. Anche se - va detto - non mancano anche, qua e là, fragili espressioni di prudenza di chi misura le proprie forze. Ma il vero problema è che si è eclissata la cultura della pace, la visione maturata nei decenni dopo la Seconda guerra mondiale, pur tra tante contraddizioni.  Il 6 e il 9 agosto 1945 - ne celebriamo la ricorrenza in questo mese - per la prima volta nella storia fu usata l'arma atomica contr...