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Una veduta di Abidjan di Gennaio 2025 - Foto Creative Commons |
Decisivo consolidare la democrazia del Paese. Le prossime elezioni saranno un banco di prova
L'Africa non è tutta "nera" - così titolava anni fa Limes, l'autorevole rivista geopolitica. È un invito a leggere con attenzione le diversità e gli squilibri di un continente forse più complesso del nostro.
Sono ritornato di recente in Costa d'Avorio, Paese che conosco dagli anni Novanta. La capitale economica (in pratica pure politica), Abidjan, non era allora la megalopoli odierna con oltre sette milioni di abitanti, ma una città tranquilla, verde, niente di simile alla realtà caotica, vivace e trafficata di oggi. Nel 1960, all'indipendenza, contava 200 mila abitanti. Ora le grandi costruzioni, i grattacieli, le torri, le tante opportunità offerte in differenti campi, ne fanno una megacittà avveniristica, ben collocata nel mondo globale.
Abidjan è una città ricca, molto ricca, differente da tante città e regioni africane e, in fondo, dallo stesso retroterra ivoriano. Ma è anche piena di poveri: i tanti ragazzi di strada, le donne che vivono di niente, per strada con i figli, oppure in quartieri di baracche che vengono spostate sempre più in periferia per fare spazio alla febbre edilizia. Le grandi città globali del mondo sono simili: San Paolo, in Brasile, con le immense periferie, Hong Kong nei suoi spazi stretti e densi.
Una città ricca, ma piena di poveri. In una discussione con un gruppo di ivoriani, critici su questa contraddizione, uno di loro ha detto: «Il nostro è un Paese di coltivatori, cui dobbiamo tornare, perché stiamo diventando un'altra cosa». Tornare indietro nello sviluppo economico? Un amico ivoriano, uscendo dalla discussione, mi ha ricordato la sua giovinezza di operaio e coltivatore, dicendo che ancora porta addosso i segni di quella vita. «Indietro non si torna!», ha concluso.
La Costa d'Avorio attrae popolazione straniera per la sua stabilità e le sue risorse. Non si può dire lo stesso per tutti i Paesi vicini, come il Burkina Faso, sotto attacco terroristico e guidato dai militari, o l'inquieto Mali tribolato dal jihadismo, o ancora la Guinea sotto regime militare.
È decisivo consolidare la democrazia ivoriana, di cui le prossime elezioni presidenziali saranno una prova. Sul lungo periodo, una sfida sono i giovani che rappresentano ben più del 30% della popolazione. Il problema dei giovani, del loro lavoro, della loro fragilità e dell'inclusione sociale sono una questione generale africana, banco di prova del futuro e della stabilità del continente.
La storia non torna indietro. Sono contento che la Costa d'Avorio sia inserita nel Piano Mattei del Governo italiano, primo Paese dell'Africa occidentale cui in seguito sono stati aggiunti Senegal e Ghana. Ripenso alle riflessioni di papa Francesco: l'economia, che ha al centro il profitto, uccide. Si deve guardare alla persona umana e alla sua dignità.
Lo Stato sociale, in difficoltà in Europa, è una chimera in Africa. Eppure è necessario, perché altrimenti non ci sarà ricaduta "naturale" dei benefici dello sviluppo sui tanti poveri. La politica deve guidare lo sviluppo, favorire l'occupazione, garantire la casa e la dignità a milioni di persone. Lontano dalle guerre in Ucraina, Medio Oriente e Africa (non così remote), nella "pace" di Abidjan mi chiedevo se questi non siano davvero i principali interrogativi sul futuro, da cui la convulsa e bellicosa politica internazionale ci distrae.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 13/7/2025
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