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Lesbo, Idlib, la frontiera greco-turca: Il mondo mediterraneo brucia e noi siamo spettatori

Profughi accampati presso Moria, sull'isola di Lesbo - Gennaio 2020 - Foto Sant'Egidio 

Nei conflitti in Siria e in Libia giocano tanti attori, tranne uno, incapace di prendere iniziative: l'Europa


La Siria è ormai fuori dal nostro orizzonte. Ci siamo affannati per mesi sul problema dei migranti, sentendoci invasi. Intanto un po' più in là, nel Mediterraneo, accadevano fatti importanti. Ce ne siamo poco interessati. Oggi Turchia e Russia (con il governo di Assad) sono protagonisti di uno scontro che lacera il Nord della Siria. Gli europei sono spettatori di una vicenda che li tocca molto, non fosse che per le ondate di rifugiati che si stanno riversando sulla Grecia.
La Siria brucia nel Nord. I siriani, coperti dall'aviazione russa, si scontrano con i turchi, che controllano la regione di Idlib insieme alle forze jihadiste. Un'altra regione della Siria, più a Nord, oltre Aleppo, è anch'essa occupata dai turchi con i ribelli siriani.
In un piccolo territorio ci sono quasi tre milioni di persone (tra essi sono arrivati quasi un milione di profughi, la metà bambini). Una vera tragedia umanitaria.
L'intesa tra Putin ed Erdogan sembrava reggere, ma ora l'escalation del conflitto è a livelli altissimi. È in agenda un prossimo incontro tra i due leader, il 5 o il 6 marzo a Mosca. Speriamo. Ankara, che aveva voltato le spalle all'Occidente, si rivolge alla Nato. Intanto la frontiera turca, finora chiusa ai rifugiati siriani che fuggono la guerra, sta cominciando ad aprirsi. Questi entrano in Turchia. E si addensano le preoccupazioni degli europei per una nuova "invasione" di siriani e altri rifugiati in marcia verso la frontiera greca. In Turchia i rifugiati sono almeno tre milioni e mezzo, non più trattenuti dal Governo sulla base dell'accordo finanziato dall'Ue. La pressione dei migranti è un'arma potente per Erdogan nei confronti dell'Europa.
La guardia costiera greca raddoppia il pattugliamento davanti alle isole di Lesbo e Chios, già piene di rifugiati. Sul confine di terra greco-turco si segnalano massicci passaggi di profughi (cui la polizia greca ha risposto con idranti e lacrimogeni). Atene vuole essere inflessibile, anche se prepara campi nuovi per i rifugiati, che vivono in parte in condizioni disdicevoli.
I rifugiati siriani sono ostaggio di un conflitto insensato quanto crudele. E l'Europa?
Non tocco il tema del ruolo in Libia a fronte dei protagonismi di Turchia, Russia, Qatar e Egitto, che però non danno pace a questo tribolato Paese.
Il Mediterraneo muore, se resta campo di confronto tra influenze contrastanti di fronte a un'Europa intimidita. Ancora una volta, dopo il convegno dei vescovi a Bari, si deve parlare di Mediterraneo, perché è una frontiera incandescente.
Qui, nel 2025, abiterà ben più di mezzo miliardo di persone. Qui si concentrano e transitano grandi interessi internazionali e si gioca il rapporto con l'Africa e i migranti. L'ecologia mediterranea è il futuro dei paesi della riva Nord e Sud. Il mare nostrum non può andare in pezzi tra conflitti che si moltiplicano e interessi contrastanti. 
Ci vogliono visioni e politiche d'insieme. È lo spazio dell'Europa, che ha la forza per assumerne un'iniziativa. E anche dell'Italia. Bisogna essere presenti e lavorare per un patto di pace e cooperazione che coinvolga tutti i popoli del Mare Nostrum.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana dell'8/3/2020

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