Passa ai contenuti principali

Per capire la nuova geografia politica bisogna scrutare l'orizzonte del Medio Oriente

Interessante ricostruzione storica di Andrea Riccardi nella rubrica "Religioni e civiltà" del magazine "Sette" del Corriere della Sera del 24 marzo 2017

Il Medio Oriente è un punto d'orientamento nella geografia politica. Spesso, da questa regione non vengono buone notizie. Si pensi alla guerra di Siria, che in questi giorni compie sei lunghi anni: circa 470.000 vittime e cinque milioni di siriani esuli dal Paese. Il Medio Oriente ha radici storiche antichissime ed è stato la culla delle tre religioni monoteistiche, l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam. Tuttavia, come area geopolitica, è un'invenzione recente. Quello che oggi si chiama Medio Oriente era un insieme di province, vilayet, dell'impero ottomano: una regione dove gli arabi dominanti convivevano con altri, tra cui molti cristiani ed ebrei. Il London Times del 1902 pubblicò una serie di articoli di Valentine Chirol, che consacrarono l'espressione "Middle East", già utilizzata da altri prima. Era l'Asia intermedia, cui si guardava con interesse dall'India britannica, come cerniera tra Oceano indiano e Mar Mediterraneo. Così la Mesopotamia, terra di reminiscenze bibliche, doveva rifiorire, mentre il Golfo Persico diventava importante. L'invenzione del Medio Oriente è soprattutto britannica. Non più il Proche Orient, cui aveva guardato la Francia protettrice dei cristiani d'Oriente, ma una terra strategica tra l'Europa e l'Asia. Il suo valore cresce con la scoperta del petrolio.
 Dalla fine dell'impero ottomano, sconfitto nella Prima guerra mondiale, nasce il nuovo Medio Oriente, progettato dai britannici con la cooperazione francese. È un'ardita ristrutturazione politica, su cui molto pesano gli interessi delle potenze. Londra aveva giocato, durante la guerra, la carta dei nazionalismi. Soprattutto quello arabo che aveva nello sceriffo della Mecca, al-Husayn, il suo massimo esponente. Ai sionisti, con la dichiarazione Balfour del 1917, era riconosciuto il diritto a un focolare ebraico in Palestina. L'assetto mediorientale dopo i1 1918 non rispetta queste e altre promesse.
Già nel 1916, Francia e Gran Bretagna avevano stretto un patto segreto, l'accordo Sykes-Picot, per spartirsi il Medio Oriente tra loro e con la Russia. Così vennero i "mandati" - non più colonie - affidati alle potenze. Nascono nuovi Stati, il Libano (a maggioranza - allora - cristiana), la Siria sotto mandato francese, la Palestina e l'Iraq sotto mandato britannico. La Transgiordania, controllata dagli inglesi, viene data a un figlio dello sceriffo della Mecca, al-Husayn, sconfitto nel suo regno dai sauditi, nuovi interlocutori dei britannici e poi degli americani. Un altro suo figlio, Faysal, diviene re dell'Iraq sotto controllo britannico. Questa è la nuova architettura attraverso cui Gran Bretagna e Francia credono di controllare a lungo il Medio Oriente, anche usando le minoranze: cristiani, alauiti e drusi in Siria contro sunniti o, in Iraq, sunniti contro sciiti. Ma la storia non si ferma. L'Iraq nel 1932, il Libano nel 1943 e la Siria nel 1946 diventano indipendenti. Gli Stati mediorientali hanno frontiere spesso fittizie e i loro popoli sono un mosaico etnico-religioso. In questo quadro s'inserisce lo Stato d`Israele, dal 1948, percepito come una sfida dal mondo arabo. Si apre la questione palestinese: per l'Onu i profughi palestinesi erano circa 700.000 nel 1950 e ora sono cinque milioni.
Irrisolta è la questione dei curdi, solo recentemente autonomi nel Kurdistan iracheno e in alcune aree siriane. Il sogno di uno Stato cristiano va in fumo dopo il 1918 e il Libano diventa il rifugio dei cristiani, finché la guerra civile non lo sconvolge, mentre i musulmani libanesi hanno superato il numero dei cristiani. Queste sono solo alcune complessità mediorientali. L'affermazione transnazionale di Daesh, nel 2014, in Siria e Iraq ha sconvolto le frontiere. Finisce il Medio Oriente, sorto un secolo fa? Stati, nati sulla carta, hanno oggi storia e consistenza, anche se le correnti panarabe e panislamiche li hanno sempre scossi. La storia però non torna indietro. Il vero problema oggi è dare sicurezza alle minoranze in quadri nazionali complicati. Soprattutto la grave questione è la pace, in Paesi dove la democrazia appare un miraggio.

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe