Passa ai contenuti principali

Perché l'Isis non può vincere

In due settimane l'Isis ha mostrato di poter colpire con tanta violenza. Far paura è la sua vittoria. Eppure sta perdendo pezzi consistenti dello Stato tra Siria e Iraq e in Libia recede, mentre pochi mesi fa sembrava in crescita. C'è un cambio di strategia a causa della perdita di territorio. Oggi l'Isis investe sul terrorismo o beneficia delle azioni dei gruppi collegati. Ha colpito all'aeroporto di Istanbul, qualche giorno fa, con più di 40 caduti. Poi è toccato a un ristorante a Dacca, in Bangladesh, con un attentato suicida che ha ucciso 20 persone, tra cui nove italiani. Poi due attentati a Baghdad con 126 morti. Molti erano sciiti. Ma talvolta le vittime sono anche sunnite.

Altre volte i terroristi evocano l'idea della lotta agli "infedeli", come a Dacca. Oltre ai nostri connazionali sono morti anche giapponesi, bengalesi, un'indiana e un americano. I musulmani sono stati risparmiati, se dimostravano una minima conoscenza del Corano. Un diciannovenne, Faraaz Hossain, al tavolo con due ragazze occidentalizzate, era stato graziato per la sua conoscenza del Corano, ma non ha abbandonato le amiche ed è stato ucciso.

Abbiamo da una parte i musulmani terroristi (figli della buona società), suicidi per togliere la vita agli altri e dall'altra parte un musulmano generoso che sacrifica la vita per amicizia. È una manifestazione chiara della lacerazione del mondo islamico. I terroristi hanno ucciso con crudeltà gli italiani che erano nel locale per festeggiare: volti positivi del nostro Paese, gente coraggiosa, con voglia di intraprendere, legati all'Italia, aperti al mondo. Qualcuno era impegnato nella solidarietà, come Claudia D'Antona. Pochi mesi fa era stato ucciso a Dacca un cooperante italiano, Cesare Tavella, e l'Isis aveva ammonito: «Ai membri della coalizione crociata diciamo: Non sarete mai sicuri nelle terre dei musulmani. È solo la prima goccia di pioggia».

Sembrerebbe una farneticazione, se non ci fossero tante morti. L'offensiva del terrore colpisce il Bangladesh, un Paese dove la cultura bengalese s'integra con un islam pacifico. Qui vivono minoranze indiane e cristiane, bersaglio della violenza. Il terrorismo vuole seminare paura. A una mondializzazione fatta d'incroci, scambi, cooperazione, si cerca di contrapporre il terrore globale. Ci potranno essere ancora episodi dolorosi, ma non è questo il futuro.

Editoriale di Andrea Riccardi su "Famiglia Cristiana" del 10 luglio 2016.

Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...

Un popolo unito attorno al Papa nel segno della carità e della pace: il nuovo Pontefice deve contare sull'accoglienza di tutti per guidarci sulla via della speranza

  I cardinali riuniti nella Cappella Sistina al momento dell'"Extra omnes" il 7 maggio - Foto da Vatican Media Mentre scrivo l'elezione non è ancora avvenuta. Ma ricordo che Benedetto XVI, accomiatandosi dopo le dimissioni, disse: «Nel collegio cardinalizio c'è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza». Facciamo nostre queste parole di un grande credente: non sappiamo il nome dell'eletto, ma sarà il nostro Papa, colui che conferma nella fede i fratelli e guida la Chiesa. Attorno al Santo Padre si fa l'unità della Chiesa. Non solo con l'obbedienza, ma anche con la "reverenza". Quest'ultima parola suona antica ma è vitale: rispetto profondo.  I giorni prima del conclave sono stati attraversati da una certa irriverenza: sui media e sui social, che hanno dovuto riempire le "pagine" con pronostici e indiscrezioni. Irriverente, quanto curiosa, è l'immagine di Trump vestito da Po...

Non si immagina più la pace: c'è solo la guerra all'orizzonte. Ma dai conflitti nessuno mai esce vincitore

  Dialogo e diplomazia hanno un ruolo residuale.  Quasi ogni giorno siamo assediati da notizie di attentati, tensioni, bombardamenti e altro. In Medio Oriente, Ucraina e altrove. Notizie di guerra o che preludono a una guerra più grande. Di fronte a questo scenario, si resta attoniti. Non esiste più un quadro di riferimento che spinga a un superamento delle tensioni in corso, nonostante gli interventi di taluni governi. Tutto è talmente intrecciato e i nodi sembrano sempre più stringersi verso il riarmo, i conflitti sanguinosi, l'allargamento del campo di chi si combatte. Anche se - va detto - non mancano anche, qua e là, fragili espressioni di prudenza di chi misura le proprie forze. Ma il vero problema è che si è eclissata la cultura della pace, la visione maturata nei decenni dopo la Seconda guerra mondiale, pur tra tante contraddizioni.  Il 6 e il 9 agosto 1945 - ne celebriamo la ricorrenza in questo mese - per la prima volta nella storia fu usata l'arma atomica contr...