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Rifondiamo Roma: investire sulla cultura di una città complessa

"Rifondiamo Roma - ha scritto Andrea Riccardi sul magazine Sette del Corriere della Sera - Bisogna investire sulla cultura di una città complessa e creare connessionie identità condivise. Ma la politica non basta"


Il grande storico tedesco, Theodor Mommsen, dopo la proclamazione di Roma capitale, chiedeva "concitato" a Quintino Sella ne11871: «Ma che cosa intendete fare a Roma? Questo ci inquieta tutti: a Roma non si sta senza avere propositi cosmopoliti!». Roma è stata spesso legata a un'«idea universale»: quella imperiale e romana o quella di centro del cattolicesimo. Il Risorgimento l'ha voluta come capitale dello Stato, proprio per la memoria storica e ideale della città. Dopo l'Unità, varie idee di Roma si sono scontrate: quella liberale di capitale della modernità e della scienza e quella cattolica di "città santa" del papa. Il fascismo, anche con un'impronta urbanista, volle fare dell'Urbe la capitale imperiale collegandosi alle memorie antiche di una grande Roma. Più modesto fu il dopoguerra e soprattutto furono i papi a parlare d'idea dell'Urbe, a partire dall'ultimo pontefice nato nella città, Pio XII. Paolo VI evocò Roma come communis patria in una dimensione universale.

L'ultimo cantore di Roma è stato Giovanni Paolo II che parlava di RomaAmor. 
Roma rappresenta ancora un`idea universale? Sembra una domanda retorica a confronto con una città dalle poche prospettive e dalle scarse idee. Ci sono altri problemi: le strade (quanto malridotte e terzomondiali), i trasporti, le periferie, la qualità della vita dei cittadini e tant'altro.
Da troppo, non si pone mano seriamente ai problemi cittadini. E si sta verificando un processo pericoloso di distacco tra le periferie e il centro storico della città, ormai prevalentemente spazio turistico o città amministrativa. Il mondo delle periferie, sempre meno abitato da reti di partecipazione, deve essere integrato nel destino della città. Il centro storico non può essere solo un contenitore di bellezze per il turismo o un insieme d'istituzioni politico-amministrative. Nel suo apparato monumentale sta anche scritta una funzione universale (religiosa) della città, che i Giubilei mettono sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, parecchie chiese del centro storico hanno perso il loro significato e spesso stanno con le porte chiuse, quasi ritratte dalla vita della città. Accade spesso, poi, che gli istituti delle religiose o dei religiosi vendono i loro stabili che passano bruscamente ad altra funzione. Anche da un punto di vista religioso, i pellegrini a Roma o quanti (non italiani) lavorano per la Santa Sede sono spesso un circuito a parte.
Ma la Chiesa di Roma non è una Fao più grande. Il papa è tale perché vescovo di Roma. Sono quasi sessant'anni dai Trattati di Roma, firmati ne11957 in Campidoglio. Non fu un caso, ma una scelta simbolica, perché il nome dell'Urbe allora evocava molto. Roma parlava di un mondo più largo delle patrie nazionali e ben si attagliava all'integrazione che la Comunità Economica Europea voleva inaugurare.
Oggi Roma ha perso tanto del suo significato. Crisi della cultura classica e dei suoi riferimenti o del cattolicesimo? È soprattutto la crisi di Roma e dei romani. Roma è la sede di due importanti agenzie dell'Onu sulle questioni dell'agricoltura e del cibo, la Fao e l'Ifad. Ci sono tre corpi diplomatici: accreditati in Italia, in Vaticano e presso queste agenzie. Numerose sono le istituzioni culturali e di ricerca. L'elenco è impressionante. Roma è ancora, per tanti, un crocevia internazionale. Non è disertata dal mondo, ma tanto di questa vita si rinchiude in nicchie e non si riversa nella città. Bisogna investire sulla "cultura" di Roma, creare connessioni e identità condivise. E la politica non basta. Fa impressione, in giro per il mondo, notare la simpatia spontanea verso Roma, quando si dice di venire da questa città. Roma ancora significa qualcosa. Si dovrebbe riscoprirlo.

Andrea Riccardi / Religioni e civiltà, Sette del Corriere della Sera, 18 giugno 2016

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