Passa ai contenuti principali

Il futuro si gioca in periferia

Andrea Riccardi / Religioni e civiltà

Un terzo dell'umanità vive nei grandi sobborghi, vere e proprie baraccopoli. Una sfida per le Chiese che richiamano a un destino comune degli uomini

Nel 2007, per la prima volta nella storia del mondo, la popolazione delle città ha superato quella delle campagne. Una svolta storica. Ne11950, solo i1 16% della popolazione mondiale abitava nelle città. In poco più di mezzo secolo, il mondo è cambiato. Sono cambiati i rapporti tra città e campagna. Oggi ci sono 450 città con píù di un milione di abitanti, mentre nel 1900 ce n'erano solo dieci. Ci sono trenta megalopoli con più di otto milioni di abitanti. Le previsioni demografiche mostrano che, nel 2020, ben nove città supereranno i venti milioni di abitanti: Città del Messico avrà 35,5 milioni, seguiranno Shanghai con 35 milioni, Beijing con 31, San Paolo con 28, Mumbai con 25. Tanti sono i problemi di una così massiccia concentrazione di popolazione (che avverrà soprattutto nel Sud del mondo): i problemi ecologici, l'approvvigionamento alimentare, l'inquinamento delle risorse idriche e anche i trasporti per una popolazione così grande. Il processo di urbanizzazione globale si accompagna sistematicamente alla creazione di grandi periferie: la cosiddetta "slumizzazione", cioè la realizzazione di quartieri provvisori, privi di servizi, spesso vere baraccopoli. L'Africa subsahariana è il continente delle periferie: il 67% della sua gente vive negli slums. La città africana è in larga parte fatta di slums.
A livello mondiale gli abitanti degli slums sono il 31,6% della popolazione: quasi un terzo dell'umanità. È l'enorme popolo delle periferie, che avrà una parte importante nel futuro del mondo. Oggi i periferici sono un popolo di "esclusi", continuamente messi a contatto tramite i media con modelli di vita non raggiungibili e praticabili nel loro mondo. All'inizio degli anni Novanta, lo scrittore Hans Magnus Enzensberger aveva previsto una guerra "civile" nelle città: «Nascono»,
aveva detto, «zone protette e munite di propri servizi di sicurezza da una parte, slum e ghetti urbani dall'altra». Questa previsione si sta avverando in alcune parti del mondo. Il problema per la "pace" e la sicurezza sta proprio nella violenza diffusa e organizzata. In alcune città c`è una vera guerra. Specie nelle città del Sud, crescono isole protette, con mura e vigilanti, a fronte di mondi periferici. L'orizzonte unitario della città si frantuma.
Diversa era la condizione della città novecentesca: il proletariato aveva un rapporto dialettico e conflittuale con il "centro", finendo però per condividere un orizzonte politico. Oggi è diverso. Le periferie sono invece remote. Qui mancano le reti sociali. Il controllo delle istituzioni sugli spazi periferici è difficile, tanto che vaste aree finiscono sotto il dominio di mafie e cartelli internazionali o nazionali del crimine. Gli spazi sociali, vuoti di presenze istituzionali o associative, sono terre di conquista per le reti mafiose, non sempre percepite come un male dalla gente. La città del XXI secolo, in particolare la megalopoli, è sempre meno una comunità di destino. Anzi, mentre una parte di essa (opulenta) viene assorbita nei flussi globali e procede sulla via dell'intemazionalizzazione, un'altra resta ai margini, se non sprofonda, in una condizione di isolamento. Le grandi periferie urbane sono una sfida per le religioni e le Chiese, che richiamano a un destino comune degli uomini. Francesco l'ha intuito con forza: qui si gioca il futuro. Ma è anche una grande sfida per lo Stato, le istituzioni, la scuola, gli organismi democratici: fare di una periferia anonima una comunità e rianimare la città come orizzonte comune. Bisogna ricreare il tessuto umano e comunitario di tante società.

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

La "forza debole" della preghiera può spostare le montagne

Il cardinale Matteo Maria Zuppi con il presidente Joe Biden Il cardinale Zuppi è stato a Washington dal 17 al 19 luglio dove ha incontrato anche il presidente Biden . Nel lungo e cordiale incontro, il cardinale gli ha consegnato una lettera di Francesco e gli ha manifestato "il dolore del Papa per la sofferenza causata dalla guerra". La sofferenza della guerra è stata al centro del colloquio. L'inviato del Papa si è chiesto come alleviarla. Le questioni umanitarie sono state un tema rilevante nelle conversazioni perché la Santa Sede è molto impegnata su di esse. Il colloquio ha toccato gli sviluppi del conflitto, iniziato un anno e mezzo fa con l'attacco russo. La Santa Sede, come ha già manifestato il card. Zuppi sia a Kyiv che a Mosca, è preoccupata per il suo prolungarsi. Nel viaggio a Kyiv il cardinale aveva constatato le condizioni di vita del popolo ucraino. A sua volta l'elemosiniere del papa, il card. Krajewski, si è recato più volte in Ucraina, anche in r

La Chiesa non si deve rassegnare a un paese fatto di "sonnambuli": dalla sua storia e dal suo vissuto emergono energie di fede e speranza che fanno bene a tutti, vecchi e nuovi italiani

Migranti latinoamericani a messa dal Papa Sono "sonnambuli" gli italiani secondo il rapporto del Censis. Ma una comunità con meno fedeli ha energie di fede In che mondo gli italiani vivono la loro fede? Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, la  57a edizione di un'analisi che ha accompagnato la storia italiana, ci aiuta - grazie alle intuizioni di Giuseppe De Rita - a guardare alle dinamiche del presente e del futuro. Non si può pensare alla fede fuori dalla realtà umana degli italiani. Tante volte l'idea di cambiare la Chiesa viene declinata in maniera interna e autoreferenziale. Gli italiani, oggi, non sono quelli che vissero il Vaticano II o le crisi vitali degli anni Sessanta-Settanta. Non sono il Paese "forte", che resistette al terrorismo, in cui il cattolicesimo era una componente decisiva.  Oggi - dice il rapporto - l'Italia è un Paese di "sonnambuli": «il portato antropologico della difficile transizione dalla grammat