Passa ai contenuti principali

Integrare è un dovere: la visione di Papa Francesco sugli immigrati

Pubblichiamo qui un editoriale su Famiglia Cristiana del 13/11/2016 di Andrea Riccardi, in cui il fondatore della Comunità di Sant'Egidio riflette sulla visione di Papa Francesco riguardo all'immigrazione e l'accoglienza dei profughi in Europa, a partire dalle recenti dichiarazioni del Papa a un giornalista svedese e dalla visita ai profughi a Lesbo lo scorso aprile.

Papa Francesco, di ritorno dalla Svezia, ha parlato di rifugiati e immigrati, rispondendo a un giornalista svedese che lo interrogava sulla paura europea verso chi proviene dalla Siria o dall'Iraq: questi non minacciano la cultura cristiana dell'Europa? Il Papa ha risposto in modo articolato, non ideologico, parlando anche di necessaria «prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato lo si deve integrare».

Il Papa cambia posizione? Dall'appello ad accogliere i rifugiati passa a una posizione più realista? Così alcuni arguiscono. Mostrano di non avere capito a fondo il messaggio di Francesco, mai ideologico. Che bisogna accogliere l'ha ripetuto infinite volte, a partire dal grido a Lampedusa contro la «globalizzazione dell'indifferenza». Nell'aprile scorso, a Lesbo, l'isola greca dove approdano i rifugiati, ha detto solennemente: «Perdonate la chiusura e l'indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e di mentalità che la vostra presenza richiede. Trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono».


Da Lesbo, il Papa è tornato con un piccolo gruppo di rifugiati: un chiaro gesto simbolico. Certo, chiede "prudenza" ai governanti. Ma la prudenza non è cautela, bensì una virtù cardinale che accompagna sempre la carità. Nel Vangelo di Matteo, leggiamo le parole di Gesù: «Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe» (10,16). La prudenza nei confronti di rifugiati e immigrati da parte dei Governi significa integrare, non ghettizzare o chiudere la porta. Anche se bisogna trovare le vie concrete per realizzarlo. Francesco non è ideologico. È certo, però, che chiede costantemente ai Paesi europei più impegno.

C'è la questione della paura, che serpeggia tra la gente. I populismi agiscono sulle emozioni: se non fossero gli stranieri, ci sarebbero indubbiamente altri motivi. Spesso abbiamo paura del futuro, che ci appare insicuro. Bisogna lavorare per far capire e incontrare. Non si possono scaricare i rifugiati su un territorio senza accompagnarli: diventerebbero un capro espiatorio.

Il Papa argentino viene da un Paese formatosi con ondate di emigrati. Ha affermato: «Non dobbiamo spaventarci, perché l'Europa si è formata con una continua integrazione di culture». L'integrazione di "nuovi europei" arricchisce i nostri Paesi. Gli Stati che oggi alzano i muri sono in un deficit demografico tale che, in qualche decennio, saranno costretti a domandare immigrati. Ma questi sono ragionamenti realisti che non pagano elettoralmente quanto la paura. Eppure la visione del Papa è una grande prospettiva per l'Europa: non perdere la propria identità, ma arricchirla nello scambio.

Francesco ha anche stimolato i Paesi europei a condurre politiche di sviluppo e di pace (non "d'interesse") nelle terre da cui provengono rifugiati e immigrati. Non che tutti quelli che aspirano a una vita migliore debbano venire in Europa. Ma è una falsa convinzione europea che il Vecchio Continente sia l'obiettivo di tutti gli spostamenti di popolazione. Libano, Giordania e Turchia accolgono il maggior numero di rifugiati siriani. E si dovrebbe parlare anche dei grandi spostamenti interni all'Africa, all'America latina e alla stessa Asia. L'Europa deve fare la sua parte. Papa Francesco ci aiuta a vedere il nostro futuro in modo meno spaventato. Aiuta a non aver paura della storia.

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

La "forza debole" della preghiera può spostare le montagne

Il cardinale Matteo Maria Zuppi con il presidente Joe Biden Il cardinale Zuppi è stato a Washington dal 17 al 19 luglio dove ha incontrato anche il presidente Biden . Nel lungo e cordiale incontro, il cardinale gli ha consegnato una lettera di Francesco e gli ha manifestato "il dolore del Papa per la sofferenza causata dalla guerra". La sofferenza della guerra è stata al centro del colloquio. L'inviato del Papa si è chiesto come alleviarla. Le questioni umanitarie sono state un tema rilevante nelle conversazioni perché la Santa Sede è molto impegnata su di esse. Il colloquio ha toccato gli sviluppi del conflitto, iniziato un anno e mezzo fa con l'attacco russo. La Santa Sede, come ha già manifestato il card. Zuppi sia a Kyiv che a Mosca, è preoccupata per il suo prolungarsi. Nel viaggio a Kyiv il cardinale aveva constatato le condizioni di vita del popolo ucraino. A sua volta l'elemosiniere del papa, il card. Krajewski, si è recato più volte in Ucraina, anche in r

La Chiesa non si deve rassegnare a un paese fatto di "sonnambuli": dalla sua storia e dal suo vissuto emergono energie di fede e speranza che fanno bene a tutti, vecchi e nuovi italiani

Migranti latinoamericani a messa dal Papa Sono "sonnambuli" gli italiani secondo il rapporto del Censis. Ma una comunità con meno fedeli ha energie di fede In che mondo gli italiani vivono la loro fede? Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, la  57a edizione di un'analisi che ha accompagnato la storia italiana, ci aiuta - grazie alle intuizioni di Giuseppe De Rita - a guardare alle dinamiche del presente e del futuro. Non si può pensare alla fede fuori dalla realtà umana degli italiani. Tante volte l'idea di cambiare la Chiesa viene declinata in maniera interna e autoreferenziale. Gli italiani, oggi, non sono quelli che vissero il Vaticano II o le crisi vitali degli anni Sessanta-Settanta. Non sono il Paese "forte", che resistette al terrorismo, in cui il cattolicesimo era una componente decisiva.  Oggi - dice il rapporto - l'Italia è un Paese di "sonnambuli": «il portato antropologico della difficile transizione dalla grammat