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Quel gioco sottile tra Francesco, Kirill e Putin

L'incontro tra il Papa e il Patriarca russo sottende una dinamica geopolitica forte, perché la Chiesa è l'anima della Grande Russia

Andrea Riccardi su Religioni e Civiltà (Sette - Corriere della Sera) del 26 febbraio 2016


Il patriarca di Mosca, Kirill, ha incontrato da poco papa Francesco a Cuba. La Chiesa cattolica riconosce la Chiesa russa e la Russia come interlocutori rilevanti sulla scena mondiale. Ma chi è Kirill? Quale rapporto ha la Chiesa russa con lo Stato di Putin? Nei commenti all'incontro dell'Avana, spesso si è considerato il Patriarca russo quasi come fosse un emissario del Cremlino. Del resto, durante la Guerra Fredda, tanto spesso i vescovi russi venivano qualificati come agenti del Kgb. In realtà, questi vescovi, pur implacabilmente controllati dai sovietici, riuscivano - chi più, chi meno - a ritagliarsi uno spazio d'azione, soprattutto per tenere aperte le chiese in Urss. Tra di loro, il più grande fu il maestro di Kirill, il metropolita Nikodim, capo delle relazioni esterne del patriarcato moscovita, che rilanciò il ruolo internazionale della Chiesa, anche come garanzia contro la pressione sovietica. Il predecessore di Nikodim, Nicholai, era stato dimissionato (ed era morto - si dice - in modo misterioso) per l'opposizione alla politica antireligiosa di Chruscev.
Nel sistema sovietico, lo spazio della Chiesa fu quasi annullato. Una Chiesa di martiri: dai vescovi al popolo. Solo dal 1917 al 1943 furono fucilati 120.000 tra preti, monache e monaci. I1 nonno di Kirill (poi prete sposato) ha passato trent'anni tra prigione e gulag: uno dei primi reclusi alle Isole Solovki, l'"alma mater" del sistema concentrazionario sovietico. Il padre del Patriarca (prete) conobbe la prigione. Kirill fu obbligato a lasciare nel 1984 la guida dell'Accademia teologica di Leningrado perché molto attivo agli occhi del potere e critico sull'intervento in Afghanistan.

Kirill - considerato riformista - è un protagonista della ricostruzione della Chiesa dopo la fine del comunismo. Oggi la Chiesa non vive solo in Russia, ma in altri Stati ex sovietici dov'è minoranza e in vari paesi ortodossi: l'Ucraina - qui la Chiesa di Mosca è contestata dalle altre Chiese ucraine -, la Bielorussia, la Moldavia. Tiene uniti i circa 30 milioni di russi della diaspora. La Chiesa russa "fuori-frontiera" (antisovietica) si è riconciliata con Mosca. Kirill è il riferimento per il "Russki Mir", il mondo russo, più vasto della Russia di Putin. Sulla questione ucraina, il Patriarca si è espresso in modo più sfumato e a favore per la pace (un terzo delle sue parrocchie sono ucraine); non ha assistito alla cerimonia di annessione della Crimea alla Russia nel 2014 al Cremlino. Né ha accettato l'incontro con il Papa, quando il Cremlino lo voleva. Non c'è coincidenza totale di posizioni tra il patriarca e Putin. Non si pensi però alla separazione tra Chiesa e Stato all'occidentale. Ogni Chiesa ortodossa - non solo quella russa - vive la "sinfonia" con il potere civile e s'identifica con la nazione. Putin e Kirill, in modo diverso, si riferiscono alla tradizione della Santa Russia.
Kirill viene da questa tradizione, ma ne conosce i limiti, anche se insiste sul ruolo "patriottico" della Chiesa. Dalla sua elezione (2009), ha fatto significative riforme nella struttura ecclesiastica. Criticato per il legame con lo Stato anche da settori cristiani, si muove tra autonomia e identificazione nei confronti della politica russa. Ha preso coraggiose iniziative internazionali come il viaggio di riconciliazione in Polonia nell'agosto 2012. Giudicare la Chiesa russa con gli schemi del cristianesimo occidentale è sbagliato. In realtà è una civiltà "altra", con grandezza e limiti, in un mondo multipolare.


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