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Quell'islam africano, un tempo tollerante, "contagiato" dall'odio. Dietro il rapimento di Silvia una svolta recente

La devastazione provocata da un attentato di Al-Shabaab - Foto Vatican News
Abbiamo toccato con mano un mondo, certo minoritario, che condiziona non solo la Somalia.

La vicenda di Silvia Romano ha messo in evidenza la forza del terrorismo islamico in Africa. 
L'islam è da secoli un grande protagonista della vita africana, ben prima dell'arrivo degli europei. Dopo la conquista musulmana del Nord Africa, ha percorso le vie carovaniere verso Sud incontrando i popoli "neri". Attorno al grande deserto si è inculturato con le tradizioni locali. Sono sorti dissidi tra l'islam nero e confraternale e quello arabo. Poi, con le colonie europee, è rimasto l'islam tradizionale, anche quello dei commercianti, che da oltre un millennio collegano - lungo antiche piste - l'Africa occidentale alla costa araba e al Medio Oriente. Un islam tollerante che mescolava arabi, nomadi e africani.
In tempi più recenti è giunto, impercettibile, il contagio: salafiti, estremisti di ogni tipo e, alla fine, jihadisti veri. Nel Sahel si sono inseriti nelle faglie tra nomadi e tribù, manipolando rancori e rilevando traffici. Ora "governano" una larga fetta di territorio che sfugge al controllo di Stati dalle frontiere porose. Praticano i rapimenti: padre Maccalli nel 2018 in Niger e la colombiana suor Gloria Cecilia nel Nord del Mali nel 2017.
Nel deserto cova una rivolta all'ombra dell'islam radicale. La disperante e perenne povertà è resa fatale dal climate change che mette in crisi l'agricoltura. L'Occidente si è a lungo disinteressato. Ora si accorge che alla popolazione saheliana talvolta è rimasto solo l'islam per darsi un'identità politico-religiosa nel caos dei grandi cambiamenti della regione.
A Est, lungo le coste africane orientali, c'è la guerra in Somalia dal 1992: un Paese musulmano, una sola etnia e lingua, ma con un conflitto a morte tra clan. La trasformazione di una lotta clanica nella guerra santa degli Al-Shabaab ("i giovani") fu la loro scommessa, quando pensarono di battere l'odio clanico con la supremazia della religione. Ancora una volta risuona il grido "l'islam è la soluzione!".
Ma, come per i talebani in Afghanistan, la medicina è peggio del male. Gli Al-Shabaab, con varie ramificazioni, rappresentano il jihad in Africa orientale e australe, fino al Nord Mozambico, destabilizzato da una misteriosa guerriglia in crescita. Agiscono e reclutano musulmani anche in Tanzania e Kenya, dove hanno rapito Silvia Romano.
Gli Al-Shabaab volevano tutta la Somalia e ora ne controllano una parte, quella dove Silvia è stata prigioniera. Sahel e Somalia sono divenute terre africane abitate dal jihad. Attaccati e braccati, i terroristi tuttavia paiono resilienti, talvolta vincenti, tanto che gli statunitensi hanno deciso di negoziare con i talebani in Afghanistan e il Governo del Mali (appoggiato dalla Francia) lo sta facendo con al-Qaeda del Maghreb islamico.
Mentre i media e l'opinione occidentali sono sulla linea di contrapposizione, i loro governi cercano soluzioni diverse. La storia di Silvia Romano ci ha fatto toccare da vicino un mondo certo minoritario, ma che condiziona violentemente la vita e lo sviluppo di vaste regioni africane.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 24/5/2020

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