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Dimenticata e sola l'Africa chiede aiuto



La pandemia, per ora, ha cifre basse, ma una mortalità più alta. Aggravata dalla carenza di cibo, acqua, medicine

Ancora nessuno sa con certezza quale sarà l'effetto del coronavirus in Africa. Per ora le cifre sono basse, anche se molti le attribuiscono alla carenza dei controlli, e il tasso di mortalità percentualmente è già più alto che altrove. Forte preoccupazione poi è per l'impatto economico dell'isolamento. Tra l'80 e il 90% degli africani vive di attività "informali": lavori piccoli o domestici, artigianato e commerci. La chiusura dei mercati e l'impossibilità di muoversi sono devastanti.
In vari Paesi e negli slum delle città ci sono già state delle rivolte per il pane. A parte la difficoltà di imporre il distanziamento sociale, il problema urgente in molti Stati è fornire acqua e cibo a tutti.
Alle prime immagini del disastro europeo, i governi africani hanno chiuso le frontiere e imposto la quarantena a chi arrivava da fuori. Hanno cercato di adottare le stesse regole occidentali, ma non è stato possibile, pena la fame. Salvo eccezioni come il Rwanda (dove è possibile lo smart working), generalmente si utilizza il sistema del coprifuoco a tempo. Alcuni Paesi si sono arresi: nessun divieto, ma solo raccomandazioni. Eppure, con un aiuto esterno, gli Stati colpiti dall'epidemia di ebola avevano limitato i danni. Ora però l'Africa è sola e l'Occidente totalmente preso da sé.
Vista la precarietà dei sistemi sanitari e la carenza di terapie intensive o respiratorie, bisogna investire fortemente sulla prevenzione. Di questo si occupano per ora solo i cinesi. Il mondo religioso è in effervescenza, specie le sette neopentecostali. Ve ne sono alcune che rispettano le regole. Altre che le sfidano: «È la malattia dei bianchi... Uscite!». Altre ancora - la maggioranza - somministrano cure "miracolose" in affollate cerimonie. La crisi del sistema sanitario ha indotto da tempo gli africani a tornare alle cure tradizionali. Per i più poveri, che sono la maggioranza, è un dramma.
Moltissimi sono senza cibo né cure, con un prevedibile innalzamento del tasso di mortalità non dovuto alla malattia. Sono le "vittime collaterali". Le Ong occidentali ancora presenti sono poche perché i cooperanti sono rientrati.
Soltanto chi ha davvero formato quadri locali funziona, anche riconvertendosi alla lotta alla pandemia, come i programmi Dream anti-Aids di Sant'Egidio, i dispensari delle chiese o gli ospedali di Emergency. La crisi impone agli africani di ripensare l`intero sistema sanitario, ma sul breve periodo occorre aiutare dall'esterno, soprattutto sulla prevenzione.
La nota positiva è che gli africani, per lo più giovani, hanno un livello di resilienza maggiore al virus. Ciò darebbe tempo per reagire. Alcuni però notano che decine di milioni di africani hanno già il sistema immunitario indebolito da Aids, malaria e altro.
Una nuova pandemia potrebbe essere fatale o cronicizzarsi. Si attende il vaccino. Se l'Europa esce dal suo solipsismo impaurito forse potrà aiutare.
L'Africa non può essere dimenticata, la speranza di vivere e di resistere della sua gente deve trovare in tutti noi un approdo. Altrimenti un altro disastro africano da coronavirus costituirebbe un forte push factor per l'emigrazione: siamo tutti avvisati.
Attività di prevenzione di Sant'Egidio a Blantyre (Malawi)

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 10/5/2020

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