Passa ai contenuti principali

Europa e Africa, primi passi di una nuova politica sui migranti


L'Italia non è più sola ad accogliere chi sbarca. E dal Continente Nero arrivano novità sui detenuti in Libia.
L'accordo di Malta sui richiedenti asilo ha coinvolto il governo maltese, l'Italia, la Francia e la Germania. Restano per ora fuori Grecia e Spagna, tanto toccate dai profughi. Gli altri paesi dell`Unione europea decideranno se farsi carico di questa gente. È una svolta: al di là dei Paesi di prima accoglienza, altri riceveranno i profughi, soccorsi da navi militari o ONG, e avranno la responsabilità di vagliare la richiesta d'asilo.
È un primo passo per superare il sistema di Dublino (che, per impedire al richiedente asilo di presentare più domande, responsabilizza il Paese di prima accoglienza). La logica di Dublino ha lasciato soli gli Stati dell`Europa meridionale, Spagna, Italia, Grecia, Malta, mentre gli altri Paesi europei hanno affermato tranquillamente che non era un loro problema. Si sono viste le conseguenze di questa politica in Italia, con il rafforzamento della propaganda politica di chi grida all'invasione.
Il consenso popolare ai sovranisti ha avuto ricadute sugli equilibri dell`Unione. Germania e Francia se ne sono accorte e, per questo e altri motivi, hanno assunto un atteggiamento più responsabile. L'incomprensione europea verso l`Italia è stata davvero poco lungimirante. 
Se l`Europa ha frontiere uniche, anche quelle meridionali vanno condivise: «C'è consapevolezza che Malta e l'Italia sono la porta dell`Europa», ha dichiarato il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, che giudica positivamente l'accordo di Malta. Entro quattro settimane dall'approdo, i migranti saranno redistribuiti tra i Paesi che aderiscono al patto, mentre si prospettano sanzioni per quelli che non collaboreranno.
Tante questioni restano aperte: non solo gli sbarchi in Italia per altra via, ma soprattutto il grave problema umanitario dei tanti detenuti in Libia in condizioni inumane, che sono circa 200.000.
È significativo, anche se ha avuto poca eco sulla stampa, l'accordo tra Ruanda e l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, che prevede su base volontaria l`accoglienza ruandese di 500 persone, ora nei centri libici di detenzione. Si tratta solo di una tranche iniziale di trasferimenti, ma importante, perché è la prima volta che uno Stato africano si assume la responsabilità dei tanti africani detenuti in Libia, profughi o lavoratori che siano. Il sistema di detenzione in Libia è un chiaro sistema di sfruttamento dei lavoratori per ogni uso, prostituzione compresa.
Di fronte a questo dramma umano, ormai acclarato, gli Stati africani (eccetto il Niger) sono rimasti finora troppo indifferenti, anche se si tratta di loro cittadini.  
Il presidente ruandese Kagame ha rotto il muro dell'indifferenza, mostrando come il dramma delle popolazioni in movimento tra Africa ed Europa e quello dei detenuti in Libia possono essere risolti solo dalla responsabilizzazione degli Stati.  
La cooperazione è la risposta per gestire un fenomeno che nessuno Stato può affrontare da solo, a meno che non voglia chiudersi con la politica dei muri.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 6/10/2019

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe