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La vera politica sugli immigrati. No operazioni di polizia, servono progetti nei Paesi d'origine

Un editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 26 febbraio 2016
GLI SBARCHI DELLA MORTE: l'82 per cento dei barconi dei trafficanti vengono dal territorio libico. Nel 2016 sono morte nel Mediterraneo oltre 5 mila persone. I Paesi africani devono prendersi la responsabilità dei cittadini che emigrano
I1 Governo italiano ha firmato un accordo con quello libico di Serraj. I temi sono caldi: immigrazione illegale, traffico di esseri umani, contrabbando, traffico di petrolio, terrorismo e altro. L'82% dei barconi dei trafficanti di esseri umani vengono dal territorio libico, controllato solo in parte da Serraj. L'Italia promette aiuto allo sviluppo e formazione del personale per i centri temporanei per i migranti. Dunque la Libia avrebbe un ruolo analogo alla Turchia nel trattenere rifugiati e migranti, per evitare gli sbarchi in Europa? Non sarebbe una novità. Un ruolo simile è stato già attribuito alla Libia dai Governi italiani di Centrosinistra e di Centrodestra. E Gheddafi allora controllava il Paese. In Libia - è bene ricordarlo - avvenivano trattamenti inumani nei confronti dei migranti. È un Paese che non ha firmato la convenzione Onu per i rifugiati. Non mi sembra auspicabile ripetere quella brutta storia. Ancora oggi parecchi migranti provenienti dalla Libia portano le tracce delle dure condizioni di vita e dei maltrattamenti.
Guardiamo le persone che approdano in Italia. Sono state 181 mila nel 2016: vengono da Nigeria (21%), Eritrea (12%), Guinea, Gambia e Costa d`Avorio (7%), Senegal (6%), Sudan e Mali (5%). I profughi siriani non ci sono più, perché intrappolati in Grecia, o nei campi turchi (circa tre milioni). Solo "i corridoi umanitari" organizzati da Sant'Egidio e Tavola valdese hanno finora portato legalmente un considerevole gruppo di siriani in Italia. In realtà gli arrivi più consistenti oggi sono dall'Africa. Bisogna uscire da una logica "di polizia" e fare una politica africana sull'immigrazione a tutto campo, con un vero investimento di energie e risorse. È un segnale l'istituzione di un Fondo per l'Africa (Libia, Tunisia e Niger).
Non sono importanti gli accordi di riammissione, quanto le azioni preventive che responsabilizzino i Governi africani verso i loro cittadini, perché istruiscano sui rischi dei viaggi nel deserto e in mare, aprano opportunità per i giovani. I Paesi africani devono prendersi la responsabilità dei cittadini che emigrano. E noi, con progetti mirati, aiutare perché i giovani abbiano un futuro in patria. Per quale motivo ci sono tanti migranti dalla Costa d`Avorio e dal Senegal, che sono Paesi tranquilli? Si devono sensibilizzare i Governi. L`emigrazione non sia una valvola di sfogo per i governanti di fronte alle domande dei giovani. Infine, non si può chiudere la porta agli immigrati. L`Italia ne ha bisogno per motivi demografici. Bisogna aprire canali attraverso cui è possibile venire in Italia. Va sbloccato il meccanismo delle quote di ingresso, che apre una prospettiva ai giovani africani, consente controllo e integrazione programmata. Nel Sud del mondo la gente si muove: un fenomeno inarrestabile. Si deve lavorare per dare possibilità di permanenza in Africa, ma anche per dare dignità e sicurezza a chi si sposta. Nel 2016 sono morte oltre 5 mila persone nel Mediterraneo: un dramma inaccettabile.



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