Passa ai contenuti principali

Ma c'è anche l'islam indonesiano. Un'analisi di Andrea Riccardi

Andrea Riccardi / Religioni e civiltà

Il più grande Paese musulmano del mondo dimostra che radicalismo e fanatismo non sono l'unica faccia di questa religione. L'Indonesia sta mostrando al mondo che un forte islam maggioritario può vivere nella democrazia, rispettando le minoranz.

L'Europa è preoccupata per l'aggressività dell'islam. Al recente sinodo dei vescovi cattolici a Roma, vari padri hanno insistito sulla minaccia islamica all'Europa e ai cristiani. Soprattutto i vescovi mediorientali e africani. Ma di quale Islam si parla? Il mondo musulmano non è solo arabo, né vive tutto intorno al Mediterraneo. Le più grandi comunità musulmane sono in Asia: in Indonesia, Pakistan e India. In quest'ultimo Paese, nato dalla partition con il Pakistan ne11947 su base religiosa, vive una minoranza musulmana, il 20% degli indiani, di circa 255 milioni di credenti: una comunità molto più grande della somma dei musulmani egiziani e turchi. Il più grande Stato musulmano del mondo è l`Indonesia, che ha 248 milioni di abitanti, di cui l'88% islamico. Nella storia dell'Indonesia indipendente (dal 1945), si vede come l'islam possa convivere con le altre religioni. Nello Stato indonesiano sono sei quelle riconosciute: islam, protestantesimo, cattolicesimo, induismo, buddismo, confucianesimo. La convivenza indonesiana si basa sul Pancasila, filosofia politica proclamata nel preambolo della Costituzione de1 1947: cinque principi, tra cui la fede in Dio. Anche se la stragrande maggioranza dei cittadini indonesiani professa l'islam e ci sono state talvolta tensioni, non si è andati mai verso uno Stato confessionale, che professasse la sharia, la legge islamica.
L'Indonesia è un Paese plurale, con una ventina di lingue, formato da più di 17.000 isole. Il motto nazionale (letteralmente: "Molti, ma uno") sottolinea l'unità nella diversità; è scritto nell'immensa piazza Merdeka di Giacarta con l'impressionante colonna di Monas. Non è retorica, ma un ideale ben radicato nel sentire popolare, provato da varie crisi nazionali, regionali e dal separatismo. Del resto, l'islam indonesiano ha una storia particolare, molto più antica della giovane nazione. E` giunto nell'arcipelago attraverso i mercanti, non con le anni o una vittoria militare. Ha saputo innestarsi su culti e culture precedenti. Come sostiene Valeria Martano, la sua configurazione originale è frutto della storia.
Il mondo musulmano indonesiano è vario, ma si sono formate due grandi confraternite: la Muhammadyiah e la Nahdlatul Ulama. Quest`ultima, nata sul tronco della cultura musulmana indigena, conta oggi 6o milioni di fedeli ed è la più grande organizzazione musulmana del mondo. Nazionalista, ha dato all`Indonesia, qualche anno fa, un presidente, Abdurrahman Wahid, già suo leader. L'ho conosciuto personalmente: era un personaggio particolare, cieco, attivissimo, difensore della democrazia e dei diritti umani, tanto da definirsi "musulmano gandhiano".
La Muhammadiyah (40 milioni di fedeli) esprime un islam moderato con un ampio impegno sociale, ora molto favorevole al dialogo interreligioso. Difficoltà anche serie, tensioni ed estremismi religiosi non mancano in Indonesia, spesso contro i cristiani. Tuttavia il Paese sta mostrando al mondo che un forte islam maggioritario può vivere nella democrazia, rispettando le minoranze. Anzi, nel quadro della crescita economica dell'Asia, dall'Indonesia viene un messaggio vissuto di umanesimo su base religiosa.
Il grande islam indonesiano mostra che radicalismo e fanatismo non sono l'unica faccia di questa religione. Insomma la fede e la teologia dell'islam non portano per forza alla violenza religiosa e al totalitarismo. Anche se queste sono realtà del mondo di oggi.

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

La "forza debole" della preghiera può spostare le montagne

Il cardinale Matteo Maria Zuppi con il presidente Joe Biden Il cardinale Zuppi è stato a Washington dal 17 al 19 luglio dove ha incontrato anche il presidente Biden . Nel lungo e cordiale incontro, il cardinale gli ha consegnato una lettera di Francesco e gli ha manifestato "il dolore del Papa per la sofferenza causata dalla guerra". La sofferenza della guerra è stata al centro del colloquio. L'inviato del Papa si è chiesto come alleviarla. Le questioni umanitarie sono state un tema rilevante nelle conversazioni perché la Santa Sede è molto impegnata su di esse. Il colloquio ha toccato gli sviluppi del conflitto, iniziato un anno e mezzo fa con l'attacco russo. La Santa Sede, come ha già manifestato il card. Zuppi sia a Kyiv che a Mosca, è preoccupata per il suo prolungarsi. Nel viaggio a Kyiv il cardinale aveva constatato le condizioni di vita del popolo ucraino. A sua volta l'elemosiniere del papa, il card. Krajewski, si è recato più volte in Ucraina, anche in r

La Chiesa non si deve rassegnare a un paese fatto di "sonnambuli": dalla sua storia e dal suo vissuto emergono energie di fede e speranza che fanno bene a tutti, vecchi e nuovi italiani

Migranti latinoamericani a messa dal Papa Sono "sonnambuli" gli italiani secondo il rapporto del Censis. Ma una comunità con meno fedeli ha energie di fede In che mondo gli italiani vivono la loro fede? Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, la  57a edizione di un'analisi che ha accompagnato la storia italiana, ci aiuta - grazie alle intuizioni di Giuseppe De Rita - a guardare alle dinamiche del presente e del futuro. Non si può pensare alla fede fuori dalla realtà umana degli italiani. Tante volte l'idea di cambiare la Chiesa viene declinata in maniera interna e autoreferenziale. Gli italiani, oggi, non sono quelli che vissero il Vaticano II o le crisi vitali degli anni Sessanta-Settanta. Non sono il Paese "forte", che resistette al terrorismo, in cui il cattolicesimo era una componente decisiva.  Oggi - dice il rapporto - l'Italia è un Paese di "sonnambuli": «il portato antropologico della difficile transizione dalla grammat