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| Un gruppo di giovani di Bukavu (Repubblica Democratica del Congo) - Foto di Didier Mugisho Mirindi da Wikimedia Commons |
L'Africa sta crescendo e cambiando, ma a fronte di enormi squilibri economici e continui conflitti
I media parlano dell'Africa in modo limitato, riducendo spesso il continente a una serie di crisi violente dall'origine oscura, causa di povertà e migrazioni. Ma l'Africa è più di questo.
Sta diventando il continente più giovane del mondo con un'età media di 19 anni (in Europa è 42) e 800 milioni sotto i 25 anni su una popolazione totale di 1,5 miliardi. Ma è anche il continente al centro di un interesse economico globale per energia, terre rare e agricoltura. In molti puntano a ottenere una parte delle materie prime africane, favorendo grandi investimenti.
Ma la ricchezza non è distribuita in modo equo: un continente più ricco di ieri paradossalmente è al contempo con più poveri. Pochi molto ricchi e tantissimi poveri, in specie giovani. La ragione risiede nella natura della nuova economia africana: non si tratta più di settore pubblico (educazione, sanità, sicurezza...), ma della crescita esclusiva di quello privato secondo le regole del mercato.
L'aumento degli "scartati" dipende dall'assenza o dal carattere privato di scuole e sistema sanitario. È un fenomeno che conosciamo anche in Europa e altrove, ma che in Africa impatta con maggior violenza a causa della fragilità degli Stati e della corruzione.
Anche i conflitti hanno mutato aspetto: spesso vengono condotti mediante milizie di vario genere che si comportano come agenti privati, traendo forza dallo sfruttamento della popolazione o dalle risorse, collegandosi con le reti economiche globali, legali e illegali o criminali. L'economia africana è caduta nelle mani della logica privatistica dell'economia competitiva dove nulla è sociale, e ancor meno gratuito, e tutto deve essere acquisito a caro prezzo.
Secondo il Peace Institute di Oslo, l'Africa ha oggi 28 conflitti armati in corso che provocano centinaia di migliaia di vittime e milioni di rifugiati. Attualmente si stimano circa 45 milioni di persone nel continente costrette alla fuga (rifugiati, sfollati e richiedenti asilo). Le guerre più gravi sono la crisi diffusa in Etiopia (un conflitto iniziato nel 2020 tra Governo federale etiope e Tigray e ora esteso a tutte le regioni); la violenza jihadista e i golpe militare nel Sahel; il conflitto in Sudan; la guerra nella Repubblica Democratica del Congo, soprattutto nel Kivu, e il jihadismo in Nord Mozambico.
Tutto questo avviene sullo sfondo di un generale aumento della frustrazione giovanile che produce effetti negativi: malattie mentali, aumento dei suicidi, droga, emigrazione o arruolamento mercenario. La mentalità competitiva del business iperliberista è molto violenta e lascia sul terreno innumerevoli vittime, tra cui gli Stati stessi. La predicazione dei falsi profeti religiosi (pentecostali o salafiti) rende difficile alla massa orientarsi in un mondo caotico dove proliferano fake news e propagande ingannatrici. Ciò amplifica la diffidenza verso la democrazia e il favore verso soluzioni dittatoriali o militari. Una delle conseguenze è la rottura con l'Occidente.
La Chiesa cattolica spesso rimane l'ultimo approdo per una generazione alla ricerca di paternità e ascolto. L'Africa giovane non è sovrappopolata, ma è sola davanti al caos del mondo e si sente tradita dai propri leader che non assicurano né sicurezza né prosperità.
Nelle megalopoli la vita ha assunto i contorni di una lotta per la sopravvivenza. Un intero continente chiede di risorgere.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 23/11/2025

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