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Nel mondo cresce il rifiuto del pluralismo e della democrazia. Dall'India ai Paesi africani si affermano spinte autoritarie

Il premier indiano Narendra Modi (secondo da sinistra) partecipa all'inaugurazione del tempio induista ad Ayodhya il 22 Gennaio - Foto da pmindia.gov.in

La globalizzazione a tanti fa paura. 

La morte di Navalny nel carcere siberiano mostra il disprezzo da parte del regime di Putin verso la vita di questo eroe della libertà, che lottava a mani nude contro la dittatura. Le possibilità di cambiamento sono andate sprecate e si torna all'assolutismo tipico della storia russa: era il cruccio di Navalny. 

Non si tratta solo della Russia. C'è, nel mondo di oggi, un crescente disinteresse o disprezzo per la libertà, il pluralismo e la democrazia. L'Africa, che negli anni Novanta aveva imboccato la via della democrazia, sta prendendo un`altra strada: i golpe militari non sono più un'eccezione. In Guinea, Mali, Burkina Faso, Gabon... E poi, sulla trasparenza democratica di alcune elezioni africane, ci sarebbe molto da discutere. 

EI Salvador, piccolo Paese centroamericano, è divenuto un modello per l'America del Sud, a causa della politica autoritaria e repressiva del suo presidente, Bukele, contro le mafie giovanili. Questi ha recentemente vinto le elezioni con 1`86,4 dei voti, senza opposizione. 

Non si deve però essere pessimisti. Nel mondo ci sono democrazie solide, tuttavia va notata la tendenza generalizzata alla ricerca dell'uomo forte (si veda l'Ungheria di Orbàn) che rassicura la gente. 

Il mondo globale fa paura. In molti, c'è la domanda di una difesa più efficace da fenomeni invasivi: instabilità, migranti, crisi economiche, terrorismo, criminalità. La democrazia, con i suoi meccanismi complessi, sembra proteggere poco e lentamente. Meglio personalizzare il potere. 

Meglio ridiscutere i sistemi democratici o parlamentari, nati dopo la Seconda guerra mondiale, segnati dal trauma dell'esperienza del nazifascismo: sistemi che apparvero le uniche vie percorribili dopo la caduta del comunismo. 

Tra i tanti casi, uno giganteggia e preoccupa: quello della più popolosa democrazia del mondo, l'India, un Paese religiosamente ed etnicamente tanto complesso (172 milioni di musulmani su di un miliardo e 400 milioni di abitanti). Il premier Modi, che gode di vasto consenso popolare anche affermando la coincidenza tra induismo e identità indiana, sta cancellando l'eredità democratica e morale di Gandhi, simbolo non violento della convivenza tra indù e musulmani. 

L'"induizzazione" dell`India è un processo di nazionalizzazione pericolosa per il mosaico di minoranze del Paese. In ben altro senso Gandhi pensava il contributo indù fino al 1948, quando fu ucciso da un nazionalista indù. 

Identità più forti e guide decise e personali sembrano pagare un po' ovunque come consenso. Viene da chiedersi: siamo nostalgici di una democrazia complessa ed equilibrata che forse andava bene nel mondo pre-globale? E viene da pensare all'Europa e all'Italia. Tanti sono i rilievi possibili sui difetti della politica italiana. 

Non si può dimenticare però che l'Italia, Paese con una popolazione limitata, è l'ottava economia come prodotto interno lordo nominale. Questa posizione è frutto di una storia politica e costituzionale nella sostanza solida. L'Europa e l'Italia non possono non essere consapevoli del valore pregnante delle loro storie e culture democratiche, specie se si confrontano con gli scenari turbolenti del mondo. Questa differenza non è senso di superiorità, ma si dovrebbe risolvere in una coscienza consapevole di quel che siamo e rappresentiamo nel mondo.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 3/3/2024

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