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La Chiesa non si deve rassegnare a un paese fatto di "sonnambuli": dalla sua storia e dal suo vissuto emergono energie di fede e speranza che fanno bene a tutti, vecchi e nuovi italiani

Migranti latinoamericani a messa dal Papa

Sono "sonnambuli" gli italiani secondo il rapporto del Censis. Ma una comunità con meno fedeli ha energie di fede

In che mondo gli italiani vivono la loro fede? Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, la  57a edizione di un'analisi che ha accompagnato la storia italiana, ci aiuta - grazie alle intuizioni di Giuseppe De Rita - a guardare alle dinamiche del presente e del futuro. Non si può pensare alla fede fuori dalla realtà umana degli italiani. Tante volte l'idea di cambiare la Chiesa viene declinata in maniera interna e autoreferenziale. Gli italiani, oggi, non sono quelli che vissero il Vaticano II o le crisi vitali degli anni Sessanta-Settanta. Non sono il Paese "forte", che resistette al terrorismo, in cui il cattolicesimo era una componente decisiva. 

Oggi - dice il rapporto - l'Italia è un Paese di "sonnambuli": «il portato antropologico della difficile transizione dalla grammatica trasparente di un mondo che presentava problemi risolvibili con competenza e impegno, a un mondo invece reso opaco dall'incertezza». Gli italiani sentono di contare e decidere poco. 

Qui si colloca il timore, specie dei giovani, di compiere scelte d'investimento esistenziale di lungo periodo. La continua emergenza («quindi, nulla lo è veramente») e il fenomeno della guerra diffusa favoriscono, tra l'altro, questo atteggiamento. Il futuro è affrontato in solitudine, anche perché tanti "noi" si sono sciolti: sono meno attrattivi o troppo impegnativi. Tra essi la Chiesa. Un terzo degli italiani vive solo: cioè pensa il futuro da solo. Il numero dei matrimoni si riduce: 246.613 nel 2008 e, nel 2022, 180.416. Ci sono 1.600.000 famiglie fondate su coppie non coniugate. 

Un mondo di soli, almeno tendenzialmente, sente di meno l'appartenenza anche a una comunità religiosa, mentre i canali di trasmissione familiare della fede si sono in larga parte essiccati. Del resto, i riferimenti tradizionali della vita religiosa sul territorio si sono ridotti: diminuzione delle celebrazioni, accorpamento delle parrocchie, riduzione dei preti e del contatto con essi... Il fenomeno tocca in particolare i più giovani. Sono pochi e si ritirano nei loro percorsi personali (senza contare quel 19,8 % di loro che non lavora e non studia). Più volte si è insistito sul difficile rapporto tra i giovani e il mondo della fede. 

Viene da chiedersi come possa la Chiesa trarre da questi pochi e cauti giovani, refrattari a scelte definitive, i suoi futuri quadri sacerdotali. L'Italia resta un Paese di emigranti (5,8 milioni sono all'estero), anche se negli ultimi venti anni è cresciuta l`immigrazione con 5 milioni di stranieri. Essi rappresentano un nuovo mondo religioso con 2,7 milioni di cristiani e 1,5 di musulmani. Gli ortodossi sono un milione e mezzo, una componente importante del cristianesimo italiano. 

I cattolici (latino-americani, filippini...) sfiorano gli 850.000 e danno un contributo originale alla Chiesa con la loro tradizione religiosa. In questo panorama umano e sociale, non si può pensare il futuro da parte della Chiesa solo in una logica di redistribuzione delle forze all'interno di una cultura di gestione del declino, in sintonia con la rassegnazione dell'80% degli italiani. 

Nessuno ha la soluzione in tasca. Ma ci vuole una svolta di speranza. 

La Chiesa non può collocarsi nella scia di un Paese di sonnambuli. Mancano le visioni. Anche una Chiesa con meno fedeli può trarre dalla sua storia e dal suo vissuto energie di fede e speranza che fanno bene a tutti gli italiani, nuovi e vecchi.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 14/1/2024


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