Passa ai contenuti principali

Contro l'intolleranza seguiamo l'esempio di San Giovanni Paolo II

Il Sinodo: un potente segno di speranza in un mondo lacerato dalle guerre


Ha mostrato una Chiesa non verticistica, con i cristiani di diversi Paesi in pieno dialogo

Si è conclusa un'Assemblea del Sinodo dei vescovi molto particolare rispetto alle altre che l'hanno preceduta, dall'istituzione di questo organo da parte di Paolo VI nel 1965 in risposta a un desiderio espresso dai padri conciliari del Vaticano II. Questa volta il Sinodo ha avuto una "forma" differente: non più assemblea di vescovi (con qualche personalità in più), ma convocazione di vescovi, laici, religiose e religiosi, sacerdoti, in forza del loro Battesimo, al termine di un processo che ha coinvolto diocesi, Chiese nazionali e continentali. 

In questo Sinodo ha avuto molto spazio la preghiera e il vicendevole ascolto anche attraverso una metodologia nuova, che valorizzava lo scambio interpersonale con interventi brevi e una disposizione a tavoli rotondi, non da aula parlamentare. Tuttavia, ci si potrebbe chiedere se questo tipo di Sinodo non abbia corso il rischio del ripiegamento della Chiesa sulla sua dimensione interna, lasciando da parte il grande tema, proposto da papa Francesco con l`Evangelii gaudium, della Chiesa in uscita. Il periodo in cui si è svolto l'assise è stato peraltro drammatico per le guerre che continuano, come quella in Ucraina, che, oltretutto, lacera il mondo ortodosso, ma anche per il brutale attacco di Hamas a Israele con la conseguente guerra del Governo di Tel Aviv a Gaza. 

Che dice la Chiesa a questo mondo che rischia una nuova guerra mondiale? La missione della Chiesa è stato un aspetto decisivo emerso nei dibattiti sinodali: più che attraverso importanti relazioni, sostenute da un pensiero articolato, tramite molti interventi in cui si è espressa l'esperienza di tanti cristiani. È stata una scelta del Papa. 

Il "mondo" non è stato assente e la Chiesa del Sinodo non vuol essere chiusa, ripiegata e spaventata nei confronti della realtà. Tuttavia, essa dev'essere più popolo e più comunità, proprio in un tempo segnato dall'individualismo estremo, in cui tanti "noi" si sono dissolti. Dev'essere meno istituzione, anche se l'istituzione è importante e un popolo non vive senza le sue istituzioni.

La "forma" del Sinodo dice molto anche del suo messaggio: «Un'esperienza senza precedenti», si legge nella lettera rivolta al popolo di Dio al termine dei lavori. Questa esperienza non può essere una parentesi romana ma deve comunicarsi nelle Chiese locali. 

Qui c'è la prova della via sinodale. Tocca il modo di vita, la maniera in cui si prendono decisioni, l'importanza di ascoltarsi vicendevolmente, il modo in cui si legge e si affronta la realtà. Il verticismo, retaggio del passato ma anche frutto della gestione di "uomini soli" (il clericalismo di cui parla sempre criticamente Francesco), deve lasciare il passo a una comunità che vive responsabilmente la sua missione nel mondo. È un'utopia? 

Sicuramente tutto non cambia in un giorno, ma è una tensione evangelica che crea comunione e spirito di servizio tra i cristiani. Una Chiesa verticistica finisce per essere ripiegata. Una Chiesa comunione è, di per sé, aperta a tutti e in missione. 

Una Chiesa comunione, in cui non si allargano le fratture e non si persegue l'individualismo, è una significativa risorsa di pace per un mondo segnato dai conflitti. Cristiani del Nord e del Sud del mondo, figli e figlie di antiche Chiese e di Chiese di recente evangelizzazione, donne e uomini, chierici e laici, cittadini di Paesi diversi sono stati un segno di unità dei popoli del mondo.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 12/11/2023

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

La nostra è la rivoluzione della compassione e della tenerezza. I cinquantacinque anni di Sant'Egidio

Il card. Matteo Zuppi alla celebrazione del 55° anniversario di Sant'Egidio il 9 Febbraio - Foto Sant'Egidio Nasce tra gli studenti e le periferie in pieno Sessantotto per sostenere il sogno di una Chiesa di tutti e soprattutto dei poveri La Comunità di Sant'Egidio compie cinquantacinque anni. Il direttore mi ha chiesto di dire qualcosa in proposito. La Comunità viene da più di mezzo secolo di vita a Roma, dove nacque tra gli studenti (allora in piena effervescenza con il '68) e nelle periferie umane e urbane della capitale.  Erano i tempi del post Concilio, in cui la Parola di Dio sembrava restituita all'affetto e alla lettura del popolo. Questo spingeva a un nuovo ascolto della Parola, e - come diceva il cardinale Martini, un amico della Comunità - a vivere e pensare biblicamente. Così, dovunque è, la Comunità si ritrova la sera a pregare e ad ascoltare la Parola di Dio: dalla bella basilica romana di Santa Maria in Trastevere a vari luoghi in Francia, fino in Mo

Attorno a noi c`è tanta solitudine, si misura la forza violenta del male. Ma anche la forza del piccolo bene che si può fare in un così grande deserto.

Foto Sant'Egidio Maria vive in un ospizio da 30 anni, colpita dal male di vivere. Unica luce nelle sue giornate è la sorella che, ogni giorno, va a trovarla. A Natale, ascoltando il Vangelo di Luca, ci si imbatte nelle figure degli anawim, gli umili, che popolano i racconti della nascita e dell'infanzia di Gesù. Non sono figure remote o mitiche. Gli umili di spirito esistono ancora. Seppure non siamo sempre capaci di vederli, perché talvolta affrettati o sprezzanti. Vorrei raccontare una storia, che ho conosciuto da vicino.  Una donna, più che settantenne, che chiamerò Maria, risiede in una RSA da più di trent'anni. È entrata, dopo aver peregrinato in vari altri istituti, in condizioni molto gravi. Giovane, aveva tentato il suicidio a seguito di una relazione finita male con un uomo.   L'esito è stato terribile. Non cammina più. Parla a malapena. Vede sempre meno. Ora è cieca. È progressivamente diminuita nel fisico. Anche se ha sempre lottato nel clima anonimo dell`ist