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Democrazia in festa per Tusk. La Polonia saprà voltare pagina?

Un'immagine di Donald Tusk durante la campagna elettorale - Foto da Wikimedia Commons

Il nuovo Governo deve, tra l'altro, ripristinare la piena libertà di stampa e l'autonomia dei magistrati

Hanno fatto il giro del mondo le immagini delle lunghe file, soprattutto di donne e giovani, ai seggi in Polonia. Una folla composta. Un esito inaspettato, domenica 15 ottobre. Oltre il 74% dei polacchi, affluenza mai registrata, superiore anche alle storiche elezioni del 1989, in cui si giocava la collocazione futura del Paese, ha assegnato una larga maggioranza alla coalizione europeista guidata da Donald Tusk, il 53,5%. Ne fanno parte oltre a Piattaforma Civica, il partito fondato nel 2001 dallo stesso Tusk, un cartello di liste di sinistra e Terza Via. Quest'ultima è frutto dell'alleanza di centrodestra tra il Partito popolare e Polonia 2050, movimento fondato dal blogger Szymon Holownia. Insieme hanno raccolto un incredibile 14,4% alla prima prova delle urne. 
Il presidente Andrzej Duda, esponente di spicco del PiS (Diritto e Giustizia), ha definito le elezioni «una festa della democrazia»: «Siamo una società democratica e matura», ha detto, «e prendiamo in mano la situazione con responsabilità». Il presidente ha sottolineato la necessità di rispettare la volontà popolare. La vittoria di Tusk è accompagnata dal fallimento del referendum contro l'Unione europea, che non ha raggiunto il quorum necessario.
Il partito nazionalista Konfederacja ha raccolto un misero 7%, la metà dei pronostici. Il PiS di Kaczyński resta comunque il primo partito con il 35,4% dei voti. Riceverà dal presidente Duda un incarico esplorativo per formare il governo. È difficile che riesca e questo aprirà la strada a Tusk. La sconfitta del PiS significa la vittoria dell'europeismo, l'orizzonte in cui ormai la maggioranza dei polacchi si pensa. 
I vincitori hanno evitato toni trionfalistici, sottolineando «la necessità del dialogo e del rispetto per gli elettori di PiS». Lo ha dichiarato Adam Bodnar, ex difensore civico, che con 628.000 consensi è stato il più votato dei 66 neosenatori della coalizione. 
Ma il nuovo governo avrà un compito arduo: togliere le limitazioni alla libertà di stampa, ripristinare l'autonomia della magistratura, sbloccare i fondi europei del Next generation Eu (36 miliardi), rinnovare i rapporti con l'Unione europea, nonché con l'Ucraina in guerra, per accennare solo alcuni temi. Tusk si troverà a fare i conti con un personale nominato dal governo uscente, come i giudici del Tribunale Costituzionale, che avrà un effetto frenante. La Chiesa, schierata in genere con Kaczynski, si trova ora in una posizione difficile, mentre sono avvenute manifestazioni ostili al clero e al cattolicesimo, ignote in altre stagioni. 
La Chiesa ha ottenuto favori dallo Stato, ma ha perso quella coraggiosa libertà che l'aveva caratterizzata in anni difficili. Un appello alla riconciliazione è stato lanciato dal cardinale Rys che ha invitato i polacchi, «il giorno dopo le elezioni», a non restare «bloccati da divisioni, guerre, mancanza di persone, aggressioni, disprezzi, odio, polarizzazione». 
Saprà la Polonia voltare pagina? In gioco ci sono il rispetto delle regole democratiche, i diritti civili, ma pure una nuova politica migratoria, dopo anni di veti, chiusure e un'aspra propaganda, che non ha pagato in termini di consenso. Novità e cambiamenti avranno effetti positivi sui Paesi europei e sull'Unione, in un tempo così complesso.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 29/10/2023


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