L'incontro tra l'ayatollah Al Sistani, 92 anni, a sinistra, e Francesco, 86, il 6 marzo 2021 a Najaf, in Iraq |
Dopo I'11 settembre 2001 pareva di essere entrati in una stagione di rapporti sempre più ostili. Invece in 20 anni tutto è cambiato
Il nostro mondo è segnato da tante conflittualità: guerre, come in Ucraina, scontri di civiltà, repressioni, come quella del regime sciita iraniano. La rivolta dei giovani, degli studenti e delle donne in Iran, aspramente combattuta dal regime, sembra in larga parte repressa. A volte, guardando il mondo, ci si sente pessimisti. Che vale sperare? Che vale partecipare con passione a vicende lontane? Non si può cedere al pessimismo. Giovanni Paolo II, che guardava con il senso del miracolo possibile, diceva: "la storia è piena di sorprese!".
Ci sono sorprese della storia. Dopo l'11 settembre 2001, con i terribili attentati jihadisti a New York e Washington, sembrava di essere entrati in una stagione di scontro di civiltà e di religioni tra islam e Occidente (e cristianesimo). In vent'anni, tanto è cambiato. Certo restano sul terreno forze jihadiste in Africa e in altre parti del mondo, che sfruttano l'insoddisfazione dei giovani e li conducono alla lotta armata, indottrinandoli in una logica settaria. Ma la gran parte dell'islam ha assunto una posizione diversa. Molti musulmani hanno sentito la necessità di dire che la loro religione non è l'orrore proposto dai radicali. Nel quadro conflittuale del mondo contemporaneo, i rapporti tra mondo musulmano e cristiano sono invece migliorati. È una buona notizia.
Una sorpresa per chi prevedeva uno scontro. Il documento sulla Fratellanza umana e la pace mondiale, firmato ad Abu Dhabi nel 2019 da papa Francesco e dal grande imam di Al Azhar, Al-Tayyb, è l'espressione dei migliorati rapporti tra cristiani e musulmani sunniti. Ma anche le relazioni con il mondo sciita sono state caratterizzate da passi importanti. Due anni fa, Francesco ha visitato il grande ayatollah Al-Sistani, suprema autorità sciita, nella città santa di Najaf in Iraq: un gesto di grande valore reale e simbolico. Nella ricorrenza della visita, si è tenuto a Najaf un colloquio tra sciiti e cattolici sui temi cruciali per il futuro del mondo, organizzato dalla Comunità di Sant`Egidio e dagli sciiti. Le religioni si sentono responsabili di uno sguardo comune di speranza in questo mondo difficile. Ha dato il suo contributo anche il patriarca caldeo Sako, perché i cristiani iracheni, da sempre nel Paese con gli sciiti, sono gli interlocutori primari di una coabitazione pacifica.
In questo contesto, il cardinale Ayuso, prefetto del Dicastero vaticano per il dialogo interreligioso, ha portato ad Al-Sistani una lettera del Papa in ricordo dell'incontro di Najaf. Indubbiamente non tutto l'islam sciita si riconosce nella linea di Najaf. Ma non si deve confondere questo islam con l'interpretazione teocratica data dagli iraniani. La scuola iraniana di Qom, cui era legato Khomeini, ha una posizione che ha ispirato il regime iraniano. Ma gli sciiti di Najaf, maggioritari in Iraq e sempre repressi dai sunniti fino a Saddam Hussein, hanno elaborato un diverso sentire, che potremmo definire - con termini nostri - laico. Qualcosa si è mosso in profondità nel mondo islamico, sia sunnita che sciita. Questo consola chi ha creduto nel dialogo in tempi difficili. Ma soprattutto fa sperare in una stagione di intesa e di convivenza pacifica. Non si può essere pessimisti, rassegnati, c`è un seme di pace nel cuore della storia, che spinge, al di là di tutto, alla comunione.
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