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La frontiera del dolore: l'esodo italiano da Dalmazia Istria e Fiume

Andrea Riccardi, nella rubrica "Religioni e civiltà" sul Magazine Sette del Corriere della Sera, ha pubblicato questo commento, in data 27 maggio 2016.

L'esodo di 300 mila italiani dalla Dalmazia, da Fiume e dall'Istria dopo la Seconda Guerra Mondiale: un pezzo di storia che ci deve far riflettere

La guerra fredda fu vissuta come uno scontro politico-ideologico. L'Occidente di quegli anni non vedeva che l'ideologia nei Paesi dell`Est europeo, dove il comunismo dominava. In realtà, dopo l'89, riemersero le identità nazionali e religiose, mai cancellate e passate attraverso la glaciazione comunista. Scoppiarono così i conflitti etnici nell'ex Jugoslavia, avvenne il divorzio tra cechi e slovacchi e, soprattutto, la divisione dell`Urss in Stati nazionali (a loro volta con problemi verso le minoranze etniche interne). Insomma, dietro la cortina di ferro - come la chiamò Winston Churchill nel 1946 - sopravvivevano identità e conflitti nazionali. Gli italiani, da parte loro, ne erano consapevoli a causa dei problemi dei loro concittadini con la Jugoslavia del maresciallo Tito. Lì si vide subito che c'erano conti etnico-nazionali da saldare con molta durezza. La frontiera orientale italiana, così mista di popolazioni diverse, mal si adattava ai tagli netti imposti dai nuovi confini. Ci fu una drastica pulizia etnica: l'esodo di 250-300.000 italiani dalla Dalmazia, da Fiume e dall'Istria, incorporate nella Jugoslavia.
A Gorizia, il confine separò la periferia slovena dalla città italiana. Gli italiani se ne andarono specie con il Trattato di Pace del 1947 che assegnava queste zone alla Jugoslavia fino alla cessione del controllo della Zona A, dell'Istria, al governo di Belgrado nel 1954. Fu il doloroso abbandono di chi lasciava case e ambienti familiari per venire, profugo, in Italia, non sempre ben accolto. Immagini e memorie ci mettono a contatto con questa tragedia, tra l'altro, occultata non solo dalle sinistre, ma anche dal realismo politico di un'Italia allora impegnata prioritariamente nella ricostruzione.
Alle spalle di questa vicenda, c'era il comunismo di Tito, ma anche una storia di esacerbati e intrecciati nazionalismi. Il fascismo aveva voluto annientare l'identità slovena e quella croata nei territori orientali di cui l'Italia aveva preso il controllo. La repressione fascista si era fatta ancora più dura con la Seconda guerra mondiale. Con la fine del regime nel 1943 e dopo una pausa d'intervento dei partigiani jugoslavi, i tedeschi occuparono queste regioni.
La risiera di San Sabba
Risiera San Sabba, a Trieste, l'unico campo di sterminio in Italia, è una memoria drammatica della spietatezza tedesca. Poi, con l'arrivo delle truppe e dei partigiani jugoslavi, si aprì una nuova e tragica vicenda per gli italiani, sottoposti a pulizia etnica. Le foibe restano il monumento della violenza di quel periodo. Ha raccontato Milovan Gilas, braccio destro di Tito, che si recò in Istria nel 1946: «Era nostro compito indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto». Finiva, sotto i colpi dei nazionalismi incrociati, un mondo italiano, tanto particolare, caratterizzato dalla capacità di vivere e di mescolarsi con slavi, austriaci, e ungheresi, com`era avvenuto durante l`impero asburgico. Tra l'80% e il 90% degli italiani abbandonarono le terre dei loro antenati. In Italia se ne parlerà poco e con timore. Ci fu anche un "controesodo" di minor entità ma significativo: circa duemila operai comunisti (chiamati "monfalconesi"), mossi dall'internazionalismo proletario, andarono in Jugoslavia ad aiutare il Paese fratello, guidati dal Partito Comunista Italiano. Li animava una scelta politicoideologica. Il loro dramma cominciò presto con la rottura tra Tito e Stalin nel 1948: furono sorvegliati speciali e poi deportati soprattutto nella terribile Isola Calva, Goli Otok, il gulag jugoslavo. Solo nel 1956, dopo la riconciliazione tra Urss e Tito, gli ultimi - ormai confusi - volontari della solidarietà comunista tornarono in Italia. Sulla frontiera orientale, ideologia e nazionalismi si sono incrociati con esiti dolorosi.

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