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Leone XIV durante la Messa di insediamento il 18 Maggio - Foto da vatican.va |
«Cristo vuole che diventiamo un'unica famiglia», ha detto Leone XIV nella Messa di insediamento
Domenica scorsa si è celebrata la liturgia di inizio del ministero petrino di Leone XIV. Si sono conclusi giorni complessi, aperti dall'intenso commiato di papa Francesco a Pasqua in piazza San Pietro, dalla sua morte, poi dalle discussioni nelle congregazioni generali dei cardinali, per finire con l'elezione di Leone XIV. È stato un tempo segnato dalla partecipazione di tanti al dolore per la perdita di un Pontefice amato (seppure contrastato da alcuni), dalla discussione sullo stato della Chiesa, infine dall'elezione - una sorpresa - del nuovo Papa. Un periodo in cui la Chiesa, le sue parole, sono stati al centro dell'attenzione del mondo. Non è stata solo una storia tra cattolici, ma una vicenda che ha toccato molti dalle più diverse posizioni di fede o che seguono con interesse il Papa e il suo ministero di pace. È un tempo da capire e cogliere, in cui affiorano domande profonde e attenzioni inedite: un tempo in cui «ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano "come pecore senza pastore"», ha affermato Leone.
Non si tratta solo dei cristiani praticanti - lo ripeto - ma di un mondo largo, che vive orfananza, carenza di leader spirituali, incertezza, inquietudine in un mondo che sembra riservare talvolta sorprese amare. Nei primi interventi, il nuovo Papa si è mostrato molto consapevole dei problemi del mondo e della forza del male che, tra l'altro, si manifesta nei conflitti. Ma ha incoraggiato tutti con parole meditate: «Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà! Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti!». Ha proposto una decisiva verità evangelica: l'amore di Dio per il suo popolo e per l'umanità. L'amore celebrato a Pasqua, l'ultimo giorno in cui papa Francesco comparve, a sorpresa, in mezzo al suo popolo e lo benedisse. Le parole di Leone sono una risposta allo stato d'animo diffuso d'inquietudine, in un tempo di forte attenzione alla Chiesa.
La fede pasquale è la fonte della serena fiducia di papa Leone, un uomo che conosce i problemi della Chiesa, che ha conosciuto i dolori di tanti mondi poveri in Perù o altrove. Ma che anche sa dire con fede che il male non prevarrà. Molti, in un modo o nell'altro, temono che questo possa avvenire: nella vita personale, in quella sociale, ma anche sugli scenari del mondo. La paura è un sentimento forte oggi. Con la parola e il volto di Leone XIV, la Chiesa si presenta come compagna dell'umanità e dice: «Guardate a Cristo!... Ascoltate la sua proposta di amore di diventare un'unica famiglia: nell'unico Cristo noi siamo uno».
La paura del futuro viene anche dalla solitudine di molti in un mondo disinteressato a tante persone, agli anziani, ai soli, ai poveri, a chi non ha la forza d'imporsi. Forse è tempo di smettere di aver paura o di lamentarsi.
Leone ha detto di non voler essere «un condottiero solitario», ma ha saputo leggere nei cuori e interpretare i segni dei tempi, quando ha detto: «Fratelli, sorelle, questa è l'ora dell'amore. La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo...». Non bisogna mai rinunciare a che la storia innanzi a noi riservi sorprese. L'ora dell'amore è quella di una pace disarmata e disarmante: «Passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare».
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 25/5/2025
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