Andrea Riccardi incontra il presidente dello Zimbabwe, Emmerson Mnangagwa |
Un nuovo modello basato sulla parità e su interessi comuni
I1 vertice "Italia-Africa" si è svolto in una veste nuova. Se dal 2013 le precedenti edizioni erano state ministeriali, quest'anno si è alzato il livello degli inviti ai capi di Stato e di Governo. Si è scelta una location di prestigio come il Senato della Repubblica. Hanno partecipato oltre 46 Paesi africani, 13 Capi di Stato, 9 Capi di Governo, più 25 Organizzazioni internazionali. La solennità della cerimonia è stata apprezzata, perché dimostra la serietà italiana verso l'Africa. Da oltre dieci anni ci si è resi conto che la nostra frontiera si è spostata a Sud, anche a causa delle migrazioni e dei rischi legati all`instabilità: è il caso del Sahel nel caos per l'aggressione jihadista e i golpe militari. L'ambizione del vertice è ritessere un partenariato «non predatorio» con l'Africa - ha dichiarato Giorgia Meloni -, ma basato su un principio di parità.
Si tratta di trovare un nuovo modello al cui centro sia il vantaggio reciproco basato su iniziative coerenti con le necessità dello sviluppo e del rispetto ambientale. L'Africa e l'Europa devono creare un legame nuovo che corrisponda a interessi comuni.
Il tema è scottante: nel continente molti lamentano uno sguardo europeo concentrato sulle proprie priorità interne. La ricerca di un nuovo slancio è un problema sentito. L'ha mostrato la larga presenza delle organizzazioni multilaterali e africane.
Oltre l'Unione europea e l'Unione africana erano rappresentate 22 organizzazioni multilaterali. La riunione di Roma è stata interpretata come un momento di svolta per l'Italia, e oltre: il tema delle relazioni con l'Africa interessa a livello globale.
Si tratta di un continente molto popolato; quello dove c'è la più forte concentrazione di minerali strategici ed è più ampia l`estensione di terra coltivabile libera (200 milioni di ettari a parte le foreste); è un'area con ampie riserve energetiche inesplorate. L'Africa interessa non solo perché è un giacimento a cielo aperto ma anche per la sua dinamicità, come mostrano i tassi di crescita, l'incremento della classe media e la sua capacità di spesa. Certo vi sono ancora gravi problemi come i conflitti, le instabilità, la corruzione o le epidemie. Ma a Roma si è offerta un'immagine più completa del continente, come terra dalle molte opportunità.
La sfida del Piano Mattei (il nome dell'iniziativa del Governo) è offrire all'Africa la possibilità di trasformare in loco le sue materie prime (agricole, minerarie, energetiche), generando un proprio settore industriale o agroindustriale. A tale scopo l'Italia creerà uno speciale fondo di investimenti e garanzia per le imprese che investono in partenariato con quelle africane.
Attualmente il Piano Mattei è una cornice con alcuni progetti pilota, in attesa di una vera strategia mediante il settore privato, in connessione con le Ong e le organizzazioni religiose, specie la Chiesa cattolica. Durante i lavori ci sono stati oltre 50 interventi divisi per tematiche. Si tratta ora di mettere in campo uno sforzo di continuità, ascoltando il parere degli africani stessi. La svolta è appena iniziata e le sfide sono molteplici. Tuttavia l'Italia giunge in un momento che può esserle favorevole, perché più libera da fardelli post e neocoloniali e in possesso di imprese, autonomie locali e Ong della dimensione giusta per risultare non minacciose, ma attraenti per i nostri partner africani.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana dell'11/2/2024
Commenti
Posta un commento