Passa ai contenuti principali

L'immigrazione non è affare dei soli Paesi mediterranei


Ursula von der Leyen e Mario Draghi - Foto da governo.it

Italia, Spagna e Grecia non vanno abbandonate: si redistribuiscano i profughi, creando corridoi umanitari

L'Unione europea, con la crisi della pandemia, ha mostrato attraverso il Recovery Plan una solidarietà reale verso i Paesi in difficoltà. La scelta mostra la coscienza crescente di un destino comune. 

L'Europa è invece fortemente divisa sulla questione migratoria. Non si tratta solo della crisi tra l'Est europeo e l'Ovest all'epoca dell'arrivo dei rifugiati siriani, quando i Paesi orientali non accolsero gli stranieri (in larga parte musulmani), affermando che avrebbero messo in discussione l'identità del la loro nazione.

Nel 2015, la cancelliera Merkel invece prese la decisione di far entrare in Germania più di un milione di rifugiati siriani. E fu una svolta. Questi rifugiati avrebbero dovuto essere ricevuti - secondo l`accordo di Dublino - nel primo Paese europeo di accoglienza. Ma, con decisione, la Merkel superò questa limitazione, che è a tutt'oggi un grave problema per la politica migratoria europea. 

Infatti, l'Italia, la Spagna, la Grecia e Malta, in particolare, sono esposti alle ondate migratorie e dei rifugiati. Lo si vede con gli arrivi dalla Turchia in Grecia. Lo si è visto, in maniera drammatica, quando il Marocco ha sospinto gli immigrati giunti nel suo Paese verso l'enclave spagnola di Ceuta, situata in Marocco. Lo sappiamo noi italiani. Soprattutto sappiamo che il Mediterraneo è una tomba per tanti viaggiatori disperati verso l'Europa. Ha dichiarato Mario Draghi: «Le immagini dei bambini morti sulle spiagge della Libia sono inaccettabili». Condividiamo questi sentimenti: perché questi bambini debbono morire così, dopo una breve vita dolorosa? Partiamo da questa grande realtà di dolore: i centri di detenzione in Libia, luoghi disumani, i viaggi nel mare e nel deserto, il dolore e la morte alle porte del continente europeo. Ci vuole una comune responsabilità europea, come è necessaria una collaborazione da parte dei Paesi africani e della comunità internazionale. 

Per questo, non è solo una questione dei Paesi europei mediterranei. Essi sono la frontiera europea con l'Africa e il Medio Oriente: frontiera di tutta l'Europa! Questa, in larga parte unita dagli accordi di Schengen (che consentono la libera circolazione dei cittadini europei), deve avere una visione condivisa delle sue frontiere esterne. 

Si tratta di aiutare gli Stati europei più in difficoltà con una condivisione delle presenze dei rifugiati. Ma anche di condurre una politica comune verso l'Africa. Ci sono poi le situazioni di emergenza, come quella della Libia, che dura da anni con sofferenze enormi per i tanti prigionieri di un sistema inumano. Mario Draghi ha dichiarato: «Una delle cose che stiamo pensando è quella di avere l'aiuto dell'Europa per l'apertura di altri corridoi umanitari». 

La politica del muro non ha senso, è disumana, viene travolta dalla storia. Bisogna aprire varchi di emergenza dalla Libia, quali sono i corridoi umanitari.

Ma non si deve dimenticare che vanno anche riaperti i "flussi" di migranti di cui, nonostante la crisi, l'economia europea ha bisogno. Ci vuole una grande risposta. Come ha detto Draghi: «Sta al Consiglio europeo trovare una soluzione efficace e solidale». È quella soluzione che non può più aspettare chi vive in condizioni inumane e che non trova vie legali per costruire il suo futuro con dignità.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 6/6/2021


Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe