Passa ai contenuti principali

Usa, bisogna superare il "velo del colore"

Gli afroamericani chiedono uguaglianza, i bianchi si sentono minacciati. La politica deve pacificare

La giuria del Tribunale di Minneapolis ha condannato all'unanimità il poliziotto bianco Derek Chauvin per aver soffocato a morte l'afroamericano George Floyd. Ora tocca al giudice emettere la sentenza sugli anni di carcere. La tensione rimane molto alta. La sentenza era attesa dalla comunità afroamericana e dai suoi sostenitori, stretti attorno al movimento Black Lives Matter. Dalla sanguinosissima guerra civile, si è sviluppata una società spesso in bilico tra segregazione e unità. 

La società statunitense fatica a oltrepassare il "velo del colore" che annebbia la sua coscienza. Forme di apartheid hanno talvolta minato la compattezza del Paese, rendendolo ingiusto anche nella giurisprudenza. Si pensi alla competizione dei "nativi Wasp" (bianchi anglosassoni e protestanti) con gli irlandesi; poi con gli italiani e le nazionalità europee, fino al grande popolo "latino" del Sud America e ai tanti asiatici, negli Stati Uniti presentati come un blocco. 

Come in molti luoghi del mondo la domanda è: come si potrà vivere insieme? Con la morte di George Floyd è riemersa tanta paura. La paura verso gli altri gruppi etnici prende talvolta le sembianze della differenza di classe, ma è ancorata ai pregiudizi razziali. Non aiutano la ricchezza concentrata in poche mani, le grandi ingiustizie socio-economiche giustificate come il risultato della meritocrazia, il mito del self made man in un Paese dove «anche un figlio di un benzinaio può diventare presidente», un welfare pubblico ridotto al minimo. Un po' ovunque nel mondo oggi si torna alle solidarietà primarie. Gli Stati Uniti non si discostano da tale tendenza generale con i vecchi modelli dell'odio xenofobo. 

Non è un caso che le carceri statunitensi siano non soltanto stracolme, ma popolate da una maggioranza schiacciante di maschi neri. La soluzione diventa la repressione e l'applicazione severa della legge, fino alla pena di morte. Si cancella il portatore di pericolo, senza tentare di curarlo o recuperarlo. La logica che prevale nei dibattimenti è la punizione, cioè la giustizia retributiva. 

Non c'è da aspettarsi subito una svolta con il verdetto sulla morte di Floyd. Forse prevarrà una forma di rivalsa contro una polizia considerata (spesso a ragione) di parte e al servizio della comunità bianca.

 Molti parlano di una necessaria riforma della polizia. La comunità bianca, da parte sua, si sente minacciata: sta perdendo il primato demografico e socio-economico con la crisi della classe media. Nascono i difensori della polizia (Blue Lives Matter, dal colore della divisa); si rafforzano i suprematisti bianchi e le milizie populiste, viste all'opera nell`assalto a Capitol Hill, il 6 gennaio scorso, assieme alle forme di autodifesa. In una parola sola: la società statunitense si polarizza. 

Tuttavia non è dividendosi o rimarcando le differenze che si troverà la pace sociale. La cancel culture, di moda nella sinistra radicale statunitense (con l'abbattimento di statue e cambiamenti dei nomi delle strade), non crea una cultura della convivenza. La guerra razziale, culturale e sociale statunitense, di cui Floyd è stato l'ennesima vittima, finirà soltanto quando il rancore sarà superato da una paziente tessitura intercomunitaria fatta di dialogo e giustizia sociale. C'è un grande lavoro da fare che ha bisogno di tanti attori, ma in cui la politica dovrebbe dare un segnale di pacificazione. 


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 2/5/2021

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

La "forza debole" della preghiera può spostare le montagne

Il cardinale Matteo Maria Zuppi con il presidente Joe Biden Il cardinale Zuppi è stato a Washington dal 17 al 19 luglio dove ha incontrato anche il presidente Biden . Nel lungo e cordiale incontro, il cardinale gli ha consegnato una lettera di Francesco e gli ha manifestato "il dolore del Papa per la sofferenza causata dalla guerra". La sofferenza della guerra è stata al centro del colloquio. L'inviato del Papa si è chiesto come alleviarla. Le questioni umanitarie sono state un tema rilevante nelle conversazioni perché la Santa Sede è molto impegnata su di esse. Il colloquio ha toccato gli sviluppi del conflitto, iniziato un anno e mezzo fa con l'attacco russo. La Santa Sede, come ha già manifestato il card. Zuppi sia a Kyiv che a Mosca, è preoccupata per il suo prolungarsi. Nel viaggio a Kyiv il cardinale aveva constatato le condizioni di vita del popolo ucraino. A sua volta l'elemosiniere del papa, il card. Krajewski, si è recato più volte in Ucraina, anche in r

La Chiesa non si deve rassegnare a un paese fatto di "sonnambuli": dalla sua storia e dal suo vissuto emergono energie di fede e speranza che fanno bene a tutti, vecchi e nuovi italiani

Migranti latinoamericani a messa dal Papa Sono "sonnambuli" gli italiani secondo il rapporto del Censis. Ma una comunità con meno fedeli ha energie di fede In che mondo gli italiani vivono la loro fede? Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, la  57a edizione di un'analisi che ha accompagnato la storia italiana, ci aiuta - grazie alle intuizioni di Giuseppe De Rita - a guardare alle dinamiche del presente e del futuro. Non si può pensare alla fede fuori dalla realtà umana degli italiani. Tante volte l'idea di cambiare la Chiesa viene declinata in maniera interna e autoreferenziale. Gli italiani, oggi, non sono quelli che vissero il Vaticano II o le crisi vitali degli anni Sessanta-Settanta. Non sono il Paese "forte", che resistette al terrorismo, in cui il cattolicesimo era una componente decisiva.  Oggi - dice il rapporto - l'Italia è un Paese di "sonnambuli": «il portato antropologico della difficile transizione dalla grammat