Passa ai contenuti principali

Dante: l'Italia è nata grazie alla sua lingua


Dopo aver favorito l'unità culturale ha incarnato lo spazio umano e geografico del nostro Paese nel mondo

Il Dantedì, a settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, non è una ricorrenza per studiosi. Il 25 marzo è anche una festa di quella lingua che è ancora la nostra lingua. 

Siamo diventati italiani, parlando la lingua di Dante, grazie alla grande potenza poetica della Divina Commedia. L'opera apparve meravigliosa, fuori dall'ordinario ai contemporanei. Lo dovette ammettere anche il dotto bolognese Giovanni di Virgilio che, pur colpito dalla lettura dell`Inferno e del Purgatorio, si rammaricava che Dante scrivesse «nella lingua della piazza» e non in latino. Si sarebbe dovuto esprimere in questa lingua per fare vera cultura.

Ma Dante parla per la vita e non per l'accademia. Aveva scelto di usare la lingua «cui i bambini vengono abituati da chi sta loro accanto quando per la prima volta cominciano ad articolare distintamente le parole»: la lingua delle mamme e delle donne. Fa alta poesia e spiega il mondo con la lingua con cui si dice "mamma" e "babbo": «ché non è impresa a pigliare a gabbo /discriver fondo a tutto l'universo, / né la lingua che chiami mamma o babbo». Così scrive nell'Inferno (XXXII, 7-9), con atto di grande fiducia nella lingua che ancora in larga parte usiamo. 

Crea così l'Italia, realtà politica inesistente, che, però, vive con l'italiano di Dante, il quale si impone al mondo per il suo genio. Ai suoi tempi, l'Italia era abitata da una varietà di lingue-dialetti con una loro dignità e con diffusione regionale: «Chi vuol farsi intendere», scrive lo studioso Francesco Bruni, «dai dotti della cristianità usa il latino, lingua artificiale; chi scrive in volgare del sì si rivolge a un pubblico sparso sull'intero territorio dell'Italia». 

L'Alighieri ha fatto della lingua della Commedia un "tetto" sotto il quale le varietà linguistico-dialettali (dal lombardo al pugliese) si trovano insieme e non diventano divaricanti. L'italiano di Dante non poteva essere la lingua del potere politico che in Italia non c'era. «L'Italia non fu fatta da re o capitani; essa fu la creatura di un poeta: Dante», così scrive il letterato Giuseppe Antonio Borgese, forse con una qualche esagerazione, ma cogliendo la realtà di un processo di secoli che ancora non si è interrotto. 

Il Dantedì ci richiama a questa realtà: lingua e cultura continuano a disegnare lo spazio umano e geografico dell'Italia nel mondo. Se si perde o si affievolisce la lingua, l'Italia si smarrisce o si diminuisce. Per il "primato" della lingua (e anche della cultura), l'italiano - lo dico per l`esperienza di presidente della Società Dante Alighieri, con i suoi 480 comitati nel mondo - è una lingua che molti non italiani desiderano apprendere, una delle lingue più studiate. La Dante Alighieri, che in passato ha eretto tanti monumenti a Dante sulle piazze, ha inteso inaugurare, come monumento al Poeta, una grande piattaforma digitale per l'apprendimento della lingua e la formazione dei docenti di italiano. Chi parla l'italiano, lo studia o lo legge, entra a far parte di un "mondo italiano" più vasto della nostra Penisola. Il mondo globale, per non divenire grigio e piatto, ha bisogno di coltivare una pluralità di lingue, tra cui spicca con forza, non con prepotenza, quella della cultura: l'italiano.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 4/4/2021

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe