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L'identità millenaria degli ebrei romani. La riflessione di Andrea Riccardi

Andrea Riccardi, nella rubrica "Religioni e civiltà" di "Sette, Corriere della Sera", parla della comunità ebraica di Roma e delle sue radici profondamente romane.

Ebrei profondamente italiani La visita del presidente israeliano al tempio di Roma riaccende la storia della comunità. La cui identità ha legami millenari da non dimenticare

Tempio maggiore di Roma

Il presidente d'Israele Reuven Rivlin ha visitato, qualche giorno fa, il tempio maggiore degli ebrei di Roma, durante la visita nella capitale. «Ma gli ebrei di Roma sono israeliani!», commentò durante la campagna per il Comune di Roma un candidato, spiegando che non era necessario chiedere il loro voto. È un pregiudizio, frutto di una lunga storia che ha segregato ed estraniato gli ebrei dalle società europee. L'odierno tempio di Roma si erge sull'area dell'antico ghetto in cui gli ebrei romani furono chiusi dai papi nel 1555 (chiamato il "serraglio degli ebrei"). Fu l'ultimo ghetto in Italia, chiuso nel 1870 con la fine del potere temporale dei papi e Roma capitale. L'emancipazione degli ebrei s'identificò con il Risorgimento. L'ebraismo italiano ha dato patrioti alla lotta risorgimentale e alla politica postrisorgimentale. Con l'Italia unita, gli ebrei erano considerati "italiani di fede mosaica". L'inaugurazione del tempio maggiore di Roma nel 1904, un imponente edificio sul Lungotevere, manifestò la presenza della comunità. Fu subito visitato dal re Vittorio Emanuele III, come riconoscimento del contributo ebraico all'Italia liberale. La folla lo accolse commossa e numerosa. Ma fu lo stesso re che, nel 1938, pose la sua firma sulle leggi "razziste" di Mussolini, che discriminava gli ebrei, come italiani a metà. La discriminazione divenne persecuzione assassina con l'occupazione nazista di Roma. Prima fu imposta alla comunità la consegna di 50 chili d'oro, raccolti in 36 ore tra gli ebrei accorsi al tempio. Poi, il 16 ottobre 1943, arrivò la razzia nazista degli ebrei. Per nove terribili mesi gli ebrei romani si nascosero. Ne morirono circa duemila nei lager tedeschi. La comunità si ricostituì faticosamente nell`età della Repubblica (e dopo la nascita dello Stato d'Israele), in un`Italia in cui non era ancora chiaro il dramma della Shoah. Nel 1982, un attentato palestinese alla sinagoga uccise un bambino ebreo e fece molti feriti.

NUMERO CIRCOSCRITTO. Molta storia della comunità è legata alla figura carismatica di Elio Toaff, rabbino capo di Roma per mezzo secolo, dal 1951 al 2001. Gli ebrei di Roma, nonostante il limitato numero dei membri (circa 13.000), sono un elemento importante nel panorama umano e morale del Paese: un soggetto sensibile alle tematiche dell`antisemitismo, ma anche della discriminazione e del dialogo tra diversi. La comunità, vitale prima dell'era cristiana, ha uno storico rito detto "italiano". Si colloca tra tradizione e modernità. Lo si è visto dall'ingresso del presidente israeliano nella sinagoga, accompagnato dal rabbino capo Riccardo Di Segni, ma anche dalla nuova presidente Ruth Dureghello, la prima donna a guidare l'ebraismo romano. L`identità degli ebrei è profondamente italiana. Di questa identità fa parte anche un profondo legame con Israele: frutto di una storia antica, ma anche del sionismo e della Shoah in Europa. I1 presidente Rivlin, parlando nel tempio, ha affermato che Israele accoglie, come sempre, a braccia aperte gli ebrei che vogliono far ritorno nella Terra, l'aliah; ma allo stesso tempo ha riconosciuto il valore della diaspora ebraica ed espresso la volontà di dialogare con essa.
 

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