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Quando il Papa è sotto tiro

Che succede in Vaticano? E' la domanda che molti si fanno di fronte alle critiche rivolte a papa Francesco in alcuni ambienti della Chiesa. In un editoriale su Famiglia Cristiana Andrea Riccardi prova a rispondere a questa domanda.

Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, già prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha avanzato una seria critica a papa Francesco, pur esplicitando la stima verso di lui per l'impegno con gli emigrati: «Dobbiamo anche parlare della missione originaria del successore di Pietro: occuparsi della dottrina, della verità cattolica». Francesco sarebbe segnato dalla cultura d'origine: «Viene dall'America Latina, una zona con una mentalità molto diversa dalla nostra europea», ha spiegato il cardinale che, a fine giugno, non è stato confermato dal Papa nel suo posto di responsabilità in Curia. La particolare mentalità di Francesco si riflette, secondo Müller, nell'ambiente dei collaboratori. Sono dichiarazioni riportate dalla stampa.

La gente si chiede: che succede in Vaticano? La domanda è legittima. Molto è cambiato nella vita della Chiesa. Francesco, dall'inizio del pontificato, con l'Evangelii gaudium, ha proposto un nuovo orizzonte per la Chiesa: uscire dai quadri abituali e vivere una trasformazione missionaria in mezzo alla società e alla gente. Un sogno ambizioso che si scontra non solo con pigrizie, ma anche con molte resistenze negli ambienti della Chiesa. Qui le differenze d'opinione sono legittime, com'è normale che un forte cambiamento provochi problemi. Avvenne per la recezione del Vaticano II, che portò tra l'altro allo scisma dei tradizionalisti.

Qualcosa colpisce nel governo di Francesco: non ha cambiato gran parte dei collaboratori ereditati da Benedetto XVI. Paolo VI invece mutò i quadri della Curia di Giovanni XXIII, in larga parte ereditati da Pio XII. Anche Giovanni Paolo II cercò collaboratori in linea col suo sentire. Francesco è andato avanti più lentamente, conservando quelli del passato, come Müller. Oggi, forse, sta pensando di creare un governo più omogeneo con la sua visione.


Anche così si spiegano queste reazioni critiche. «Ha una mentalità diversa»: lo dicevano i tradizionalisti di papa Montini. Lo sussurravano i nostalgici contro Giovanni Paolo II, dicendo che era un polacco e non capiva l'Occidente. Lo ripetono in vari Paesi del mondo quanti vogliono circoscrivere il cattolicesimo in modo provinciale a una nazione e a un momento storico.

Che Francesco sia un uomo con la sua mentalità è ovvio, financo banale. Ma è il Papa. E verso il Papa un cardinale ha un obbligo di stretta collaborazione. Anzi, i cardinali giurano obbedienza «alla Santa Apostolica Chiesa Romana, al Beato Pietro nella persona del Sommo Pontefice». A questo punto bisogna ricordare, come esemplare, la figura del cardinale Martini. Egli non condivideva del tutto lo stile di Giovanni Paolo II, né poi le scelte fatte da Benedetto XVI. Ma è restato riservato e silenzioso. Ha avanzato con libertà alcune proposte positive e qualche difficoltà. Niente di personalistico nelle sue reazioni. Resta per noi un esempio di libertà, di senso di unità della Chiesa e di rispetto per il Papa.

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