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Quei cardinali «di periferia» scelti dal Papa

Dal Corriere della Sera del 22 maggio 2017

Papa Francesco è arrivato alla quarta «infornata» di cardinali (così si diceva nel vecchio linguaggio curiale): esigua rispetto alle precedenti, senza ultraottantenni con la porpora ad honorem. Il Papa, ogni anno, riempie i posti vacanti tra gli elettori.

Anche questa volta ha confermato la tendenza verso personalità di «periferia», addirittura 4 su 5: monsignor Zerbo (vescovo in Mali, Paese travagliato dal con- flitto e dal radicalismo islamico con 240 mila cattolici, meno del 2% degli abitanti), monsignor Arborelius (primo vescovo di origine svedese dalla Riforma in un Paese con no mila cattolici, molti immigrati), monsignor Mangkhanekhoun (nel Laos buddista e comunista con soli 42 mila cattolici) e Gregorio Rosa Chavez, vescovo ausiliare di San Salvador in Centro America. Solo il cardinalato dell'arcivescovo di Barcellona, Omella, non desta sorpresa: questi, con il cardinale Osoro di Madrid, rappresenta una linea «aperta», differente da quella dominante in Spagna. Già il Papa l'aveva voluto nella congregazione dei vescovi, dove si fanno le nomine alla testa delle diocesi. «Quando mai Paesi poco conosciuti potranno essere rappresentati nel sacro collegio?» - avrebbe risposto Francesco alle obiezioni sulla nomina di cardinali periferici nei precedenti concistori. A seguito di queste scelte, Paesi come Myanmar, Bangladesh, Malaysia, Capo Verde, Haiti, Tonga, Centrafrica, Isole Maurizio, Papua Nuova Guinea, per la prima volta sono rappresentati tra i cardinali.

Spesso Paesi con pochi cattolici. Così i periferici - è la visione del Papa sul ruolo delle periferie - peseranno nella scelta più importante della Chiesa: l'elezione del Papa. Tuttavia, non interpreteranno necessariamente una linea bergogliana in un futuro Conclave. Anzi talvolta nelle periferie - come in Africa - si delinea un certo distacco da questo pontificato. C'è poi un'altra categoria di cardinali «periferici», quelli di diocesi non storicamente cardinalizie anche se d'importanti Paesi cattolici, scelti per un significato strategico-simbolico (così uno proveniente da uno Stato messicano provato dal narcotraffico o il cardinal Montenegro che ha Lampedusa nella Diocesi). La nomina di Rosa Chavez, da sempre ai margini tra i vescovi di El Salvador, sottolinea il legame con il vescovo-martire Romero, beatificato da Francesco nel 2015, contro l'opinione di una parte dell'episcopato latinoamericano e della Curia. Si disegna una geografia complessa dei futuri elettori del Papa che esalterà da un lato il ruolo di figure ponte capaci di coagulare un collegio frammentato e, dall'altro, offrirà l'accesso alla voce del più largo numero di Chiese.

APPROFONDIMENTI
Andrea Riccardi sul Corriere della Sera >>

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