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Di fronte all'incubo atomico, più 'telefoni rossi' per evitare la guerra.

La crisi coreana ha riportato all'attualità l'incubo della guerra atomica. La Corea del Nord, infatti, secondo fonti del Pentagono, disporrebbe di sessanta testate nucleari e sarebbe pronta a utilizzarle montandole sui missili. In un editoriale per Famiglia Cristiana, Andrea Riccardi indica ancora una volta nel dialogo la via per evitare un conflitto che assumerebbe dimensioni devastanti per tutta l'umanità.

I1 nostro è un mondo violento. Alla violenza diffusa in tante parti del Pianeta, alla tragedia del terrorismo, si aggiungono i venti di guerra che soffiano in aree di vecchia e nuova tensione. Per la prima volta, da molto, si materializza lo spettro della guerra nucleare: tra la superpotenza statunitense e una dittatura isolata e impenetrabile: la Corea del Nord. Sembrerebbe un confronto senza storia. Eppure potrebbe sfociare in una catastrofe atomica. S'intuisce che il regime di Pyongyang vuol far capire che non arretrerà di fronte a nulla, pur di salvarsi.
Che fare? Forzare? La cronaca di questi giorni mostra, paradossalmente, come la minaccia di guerra sia - da una parte e dall'altra - confessione d'impotenza.
Ma si possono esplorare altre strade. Ci sono la Cina e la Russia, c'è quello che una volta si sarebbe detto il concerto delle nazioni. Consegnarsi alla guerra rende impotenti. La memoria va a un'altra situazione bloccata. La guerra fredda nella fase finale: nuovi missili schierati da una parte e dall'altra, uno stallo foriero dei peggiori scenari. E poi il miracolo. Le aperture di Gorbaciov trent'anni fa, tra i1 1986 e i1 1987, e la scelta di firmare con il presidente Usa Reagan un trattato che poneva fine alla questione degli euromissili (dicembre 1987). Farebbe comodo oggi avere uno o più "telefoni rossi" per chiamare l'altro.
La notizia che papa Francesco ha ricevuto in udienza il presidente dei vescovi coreani, monsignor Hyginus Kim Hee-Jong, e i leader religiosi della Corea del Sud, fa intravedere una prospettiva nuova. Il vescovo ha dichiarato saggiamente: «La riconciliazione attraverso il dialogo è l'arma più sicura per la pace. Non i missili, ma la pace». Si può resistere. Innanzitutto, per chi crede, con la preghiera. Poi con la pratica costante del dialogo e dell'incontro. È quello che si cercherà di fare nell'incontro interreligioso di preghiera per la pace nello "spirito di Assisi": in Germania, a Miinster e Osnabriick, dal lo al 12 settembre. Come Assisi contribuì ne1 1986 ad affrettare la fine della guerra fredda, così questa preghiera di pace nel cuore dell'Europa potrà mostrare come la "debolezza" del dialogo è più efficace e produttiva dell'impotenza delle minacce.

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