Passa ai contenuti principali

Lo sterminio armeno, una ferita aperta, una strage di cristiani


 La Turchia continua a negare l'eliminazione pianificata, più di cento anni fa, del popolo di fede cristiana

Più di cento anni fa, durante la Prima guerra mondiale, nei territori dell'Impero ottomano avvenne la strage degli armeni: per gli armeni stessi e per vari Paesi del mondo, cui si è aggiunto il recente sostegno del presidente degli Stati Uniti Biden, si tratta di un genocidio. Papa Francesco ne ha parlato come di genocidio. Si dibatte sul suo riconoscimento anche da parte dell'Italia. 

La Turchia, fin dalla fondazione della Repubblica nel 1923, si è decisamente opposta a questa definizione: nel 1915 e negli anni successivi non sarebbe avvenuta una strage degli armeni, voluta dal gruppo allora al potere a Istanbul, i Giovani Turchi. Anzi, gli armeni avrebbero collaborato con il nemico russo. E poi, in quegli anni tumultuosi, armeni e turchi sarebbero morti nel caos della guerra. Questa la tesi sostenuta in Turchia a tutti i livelli. Nel 2014, l'allora primo ministro Erdogan, il 24 aprile, anniversario del genocidio, inviò le condoglianze ai discendenti dei caduti nell'intento di «ricordare questo periodo doloroso con una memoria giusta». Ma la posizione ufficiale turca non ha avuto evoluzioni. 

Quelle stragi hanno fatto scomparire un popolo di un milione e più di armeni, che viveva da secoli in simbiosi con i musulmani ottomani, con stragi e marce della morte fino al deserto siriano. Per gli armeni è Metz Yeghern, il Grande Male, che ha spazzato via tante comunità dalla terra dove avevano sempre vissuto, distrutto monumenti, incorporato il vasto patrimonio degli armeni. Questi, in quanto non musulmani e con un'identità culturale e religiosa propria, non sembravano assimilabili al progetto di ristrutturazione etnica dell'Impero. 

Così partì il piano di eliminazione, con deportazioni, uccisioni, conversioni forzate, specie di donne e bambini, e la loro assimilazione nelle famiglie turche e curde. La lotta all'armeno divenne lotta al cristiano, per motivare quei musulmani dell'Anatolia che non ragionavano in termini nazionalisti. 

Gli armeni erano accusati di nazionalismo. Ma questa accusa non poteva essere rivolta agli altri cristiani. 

Qual era il nazionalismo dei cristiani siriaci, anch'essi coinvolti nelle stragi? Furono uccisi nel Tur Abdin, la terra dove vivevano da più di un millennio. Con loro morirono anche i caldei (cattolici), i siro-cattolici, gli armeno-cattolici, i cristiani assiri. Una strage di cristiani. Non pochi di essi, specie donne e bambini, furono costretti a vivere nelle famiglie musulmane come mogli, serve o servi. I cristiani islamizzati sarebbero tra i 100 e i 200 mila.

Il giornalista armeno Hrant Dink, direttore a Istanbul del settimanale bilingue, turco e armeno, Agos, sosteneva che bisogna superare lo stallo del pensiero turco negazionista e della memoria armena per fondare un vivere insieme tra armeni e turchi in Turchia, e tra quest'ultima e l'Armenia. Nel 2007 è stato ucciso. 

Ma non sono tramontate le speranze che la memoria di tanti dolori sia riconosciuta. Intanto la Chiesa cattolica sta riconoscendo alcune figure di martiri, come monsignor Maloyan, vescovo armeno di Mardin, che rifiutò la conversione all'islam. Ma, in quella tragedia, i nomi di molti restano sconosciuti. È Metz Yeghern: il Grande Male.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 16/5/2021



Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

La "forza debole" della preghiera può spostare le montagne

Il cardinale Matteo Maria Zuppi con il presidente Joe Biden Il cardinale Zuppi è stato a Washington dal 17 al 19 luglio dove ha incontrato anche il presidente Biden . Nel lungo e cordiale incontro, il cardinale gli ha consegnato una lettera di Francesco e gli ha manifestato "il dolore del Papa per la sofferenza causata dalla guerra". La sofferenza della guerra è stata al centro del colloquio. L'inviato del Papa si è chiesto come alleviarla. Le questioni umanitarie sono state un tema rilevante nelle conversazioni perché la Santa Sede è molto impegnata su di esse. Il colloquio ha toccato gli sviluppi del conflitto, iniziato un anno e mezzo fa con l'attacco russo. La Santa Sede, come ha già manifestato il card. Zuppi sia a Kyiv che a Mosca, è preoccupata per il suo prolungarsi. Nel viaggio a Kyiv il cardinale aveva constatato le condizioni di vita del popolo ucraino. A sua volta l'elemosiniere del papa, il card. Krajewski, si è recato più volte in Ucraina, anche in r

La Chiesa non si deve rassegnare a un paese fatto di "sonnambuli": dalla sua storia e dal suo vissuto emergono energie di fede e speranza che fanno bene a tutti, vecchi e nuovi italiani

Migranti latinoamericani a messa dal Papa Sono "sonnambuli" gli italiani secondo il rapporto del Censis. Ma una comunità con meno fedeli ha energie di fede In che mondo gli italiani vivono la loro fede? Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, la  57a edizione di un'analisi che ha accompagnato la storia italiana, ci aiuta - grazie alle intuizioni di Giuseppe De Rita - a guardare alle dinamiche del presente e del futuro. Non si può pensare alla fede fuori dalla realtà umana degli italiani. Tante volte l'idea di cambiare la Chiesa viene declinata in maniera interna e autoreferenziale. Gli italiani, oggi, non sono quelli che vissero il Vaticano II o le crisi vitali degli anni Sessanta-Settanta. Non sono il Paese "forte", che resistette al terrorismo, in cui il cattolicesimo era una componente decisiva.  Oggi - dice il rapporto - l'Italia è un Paese di "sonnambuli": «il portato antropologico della difficile transizione dalla grammat