Passa ai contenuti principali

Catalogna, la politica dello scontro fa il gioco dei radicali

Foto da open.online
Sia Madrid sia gli indipendentisti sono prigionieri della caccia al consenso. Manca una mediazione ragionevole

La Catalogna brucia. Sulla scena della rivendicazione indipendentista sono comparsi gruppi radicali e, con essi, la violenza per le strade. Le manifestazioni - anche aggressive - attraggono i giovani catalani, che protestano contro la condanna del Tribunale supremo di Madrid ai leader indipendentisti. I giovani chiedono polemicamente ai politici catalani che cosa abbiano guadagnato dalla rivendicazione pacifica dell`indipendenza. In realtà la classe politica a Barcellona si è anch'essa radicalizzata sull'indipendenza. Il referendum del 1° ottobre 2017, con il 90% di voti a favore dell'indipendenza (su un'affluenza del 43% dei catalani) indica una via che sembra obbligata.
È la via dello scontro. Che apparve naturale al Governo Rajoy, due anni fa, sul referendum. Lo era già da prima, quando questo rifiutò le richieste di Barcellona. Manca una cultura del dialogo nella classe politica spagnola. Se le posizioni si radicalizzano in Catalogna, l'estremizzazione è avvenuta già a Madrid, dove non si è imboccata la via del negoziato per salvare l`unità della Spagna. Si rischia che un pezzo di Spagna, la Catalogna, se ne vada dal Regno, mentre la monarchia non sembra giocare un ruolo di mediazione. Nel 2014, sull'indipendenza della Scozia, la regina Elisabetta fu neutrale, ammonendo solo a «pensare con molta attenzione al futuro» quando si votava al referendum per l`indipendenza scozzese.
In Spagna il referendum catalano è considerato illegale. Soprattutto l`assenza di dialogo sembra pagare politicamente. Il 10 novembre, infatti, si terranno le elezioni generali, dopo quelle di sei mesi fa, il cui risultato non ha consentito di formare un nuovo Governo spagnolo. La situazione catalana complica il quadro politico così fluido. Sia i socialisti, per ora in testa nei sondaggi (ma avranno bisogno di alleanze per governare), che i popolari - oggi in ripresa - puntano sulla questione catalana per guadagnare consensi. Sperano, specie i popolari, di portare via voti ai liberali di Ciudadanos e alla destra di Vox, ultimamente in rapida crescita. Podemos, partito antiglobale ed eco-socialista, ha avuto una scissione di una parte, più favorevole alla collaborazione con i socialisti. La campagna elettorale delle prossime settimane aggraverà ancor più i rapporti tra Madrid e Barcellona. La politica dello scontro di Madrid ha fatto il gioco dell`anima radicale catalana. Preoccupa la comparsa della violenza tra gli indipendentisti, quasi che la piazza detti la politica. Ormai in Catalogna l'indipendenza sembra irrinunciabile. Eppure, in prospettiva europea, il divorzio tra Madrid e Barcellona appare ancora fuori dalla storia. L'economia spagnola e quella catalana sono integrate (la rottura sarebbe un danno per quest`ultima), ma non si vede volontà di dialogo in questo momento. Tutte le parti sono prigioniere dei nazionalismi e della caccia al consenso. Bisognerebbe accettare l`impopolarità di una mediazione ragionevole. Forse l'Europa potrebbe aiutare a dialogare. Ma chi ne avrà il coraggio e la forza?

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 27/10/2019

Commenti

Post popolari in questo blog

La crisi in Giordania: a rischio un'oasi di pace nel caos del Medio Oriente

Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.  È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.  C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra r

La "forza debole" della preghiera può spostare le montagne

Il cardinale Matteo Maria Zuppi con il presidente Joe Biden Il cardinale Zuppi è stato a Washington dal 17 al 19 luglio dove ha incontrato anche il presidente Biden . Nel lungo e cordiale incontro, il cardinale gli ha consegnato una lettera di Francesco e gli ha manifestato "il dolore del Papa per la sofferenza causata dalla guerra". La sofferenza della guerra è stata al centro del colloquio. L'inviato del Papa si è chiesto come alleviarla. Le questioni umanitarie sono state un tema rilevante nelle conversazioni perché la Santa Sede è molto impegnata su di esse. Il colloquio ha toccato gli sviluppi del conflitto, iniziato un anno e mezzo fa con l'attacco russo. La Santa Sede, come ha già manifestato il card. Zuppi sia a Kyiv che a Mosca, è preoccupata per il suo prolungarsi. Nel viaggio a Kyiv il cardinale aveva constatato le condizioni di vita del popolo ucraino. A sua volta l'elemosiniere del papa, il card. Krajewski, si è recato più volte in Ucraina, anche in r

La Chiesa non si deve rassegnare a un paese fatto di "sonnambuli": dalla sua storia e dal suo vissuto emergono energie di fede e speranza che fanno bene a tutti, vecchi e nuovi italiani

Migranti latinoamericani a messa dal Papa Sono "sonnambuli" gli italiani secondo il rapporto del Censis. Ma una comunità con meno fedeli ha energie di fede In che mondo gli italiani vivono la loro fede? Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, la  57a edizione di un'analisi che ha accompagnato la storia italiana, ci aiuta - grazie alle intuizioni di Giuseppe De Rita - a guardare alle dinamiche del presente e del futuro. Non si può pensare alla fede fuori dalla realtà umana degli italiani. Tante volte l'idea di cambiare la Chiesa viene declinata in maniera interna e autoreferenziale. Gli italiani, oggi, non sono quelli che vissero il Vaticano II o le crisi vitali degli anni Sessanta-Settanta. Non sono il Paese "forte", che resistette al terrorismo, in cui il cattolicesimo era una componente decisiva.  Oggi - dice il rapporto - l'Italia è un Paese di "sonnambuli": «il portato antropologico della difficile transizione dalla grammat